di Redazione
25 ottobre 2011
di Luciano Murgia

Angelo Lorenzetti
PESARO – Nulla vogliamo togliere agli altri protagonisti di una bellissima serata organizzata dalla Snoopy Pallavolo in collaborazione con l’associazione Rimbalzo, ma il protagonista è stato Angelo Lorenzetti. L’allenatore fanese due volte campione d’Italia con Modena e Piacenza ha raccontato una vita da allenatore, raccontando – a modo suo, inimitabile – la “Relazione in… Campo”. Che era il tema del secondo convegno.
Onestamente, visto il tema e i protagonisti (con Angelo Lorenzetti, Barbara Rossi, presidente della Snoopy; Filippo Sabattini, psicopedagogista, formatore in ambito educativo-sportivo; Roberto Mancini, professore di educazione fisica, docente della Scuola dello Sport Marche; Stefano Gambelli, allenatore della Snoopy di serie B1 e responsabile tecnico del settore giovanile del Progetto Scavolini – Snoopy; Marco Mencarelli, allenatore della nazionale femminile juniores di volley, campione del mondo), era da attendersi che l’Auditorium di Palazzo Montani Antaldi, sede della Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro, fosse gremito.
Fra i presenti, il presidente di Fipav regionale Brasili e provinciale Franchini, il presidente del Panathlon Pesaro Iaccarino, l’avvocato Marfori, personaggio storico della pallavolo provinciale, Monica De Gennaro, giocatrice della Scavolini, e il fidanzato Daniele Santarelli, vice allenatore della Snopy. Se era scontata la partecipazione dei tecnici di volley, ma anche di giovani atlete, è stata notata, con piacere la partecipazione di due allenatori della Vis Pesaro. A conferma che se a organizzare era una società di volley e quasi tutti i protagonisti provenienti dallo stesso sport, il tema era importante per tutte le discipline. Mancavano, invece, gli allenatori di pallacanestro. Hanno avuto torto, e come loro gli altri assenti.
In apertura di convegno, Giancarlo Sorbini ha voluto dedicare un pensiero commosso a Marco Simoncelli e anziché un minuto di silenzio ha sollecitato un minuto di applausi. Intensi, commossi, indirizzati a uno sportivo che se ne è andato troppo presto, a un campione che era spesso a Pesaro, non solo per l’amicizia con Valentino Rossi.
La relazione, l’ascolto, due temi fondamentali di un convegno in cui non sono mancate le citazioni dotte. Così, Giancarlo Sorbini ha citato Robert Louis Stevenson: “Tutto il discorso, scritto o parlato, è un linguaggio morto fino a che non si trova un ascoltatore ben disposto e preparato”, uno degli aforismi più noti dell’autore de “L’isola del tesoro”.
E Barbara Rossi, che ha introdotto i lavori occupandosi di “Pedagogia, sport e vita”, ha citato a sua volta Umberto Galimberti, psicoanalista, e dopo avere sottolineato l’importanza della memoria nella crescita delle giovanissime giocatrici che il club sportivo accompagna non solo nella crescita tecnica, ma soprattutto umana. Quindi, ha letto note importanti del Rapporto Censis 2010 che descrive “una società appiattita”.
Molto tecnica, per addetti ai lavori, ma a dire poco affascinante, l’intervento di Sabattini, che a sua volta ha citato Hunter “Patch” Adams, medico statunitense, inventore della clownterapia, la cura attraverso tecniche mutuate dal circo o dal teatro di strada: “Non è il sorriso la migliore terapia, ma la relazione”. Ecco, l’importanza di mettersi in relazione: “nella vita, nell’ambito educativo, nell’avviamento allo sport, con l’atleta, con la squadra”. E una relazione è efficace se trova il giusto tempo e la giusta sintonizzazione.
Roberto Mancini è entrato subito in tema con una domanda: “Qual è secondo voi lo sport più completo?”. Ovviamente, la maggior parte dei presenti ha risposta la pallavolo. No, se ne facciano una ragione tutti gli altri, perché – ha spiegato il professore – “lo sport più completo è il nuoto, perché muove tutti i muscoli”. Poi è passato alla comunicazione e all’importanza dell’ascolto: “Per un allenatore è importante ascoltare se stesso e gli allievi. L’ascolto deve essere sia attivo che passivo, soprattutto empatico”.
L’esordio di Lorenzetti è segnato in una data: 25/1/04. Perché? “E’ la data del mio esonero a Modena, dove due anni prima avevo vinto lo scudetto”. Lorenzetti, seguito con affetto da una platea molto fanese, da intervenuti in maglia Virtus, la gloriosa società pallavolistica casa di Angelo, ha una citazione importante come premessa al suo intervento, ovviamente oltre alla data fatidica dell’esonero: “Le cose di ogni giorno raccontano segreti a chi le sa guardare e ascoltare”. E ancora “Ci vuole un fiore”. Lorenzetti ha un riferimento importante in Sergio Endrigo e Gianni Rodari, autori di testi bellissime, di canzoni eterne. Il fiore di Angelo è una margherita con tanti petali. Il primo riguarda la comunicazione che apprende grazie a un insegnamento del padre: “Giocavo a pallavolo, ero un bravo ragazzo, un perfettino. Un giorno arrivo tardi all’allenamento e subisco un cazziatone dell’allenatore. Come, proprio a me che sono sempre puntuale? Mi chiedo. E rispondo. Ce le diciamo e io me ne vado, torno a casa. Mio padre mi guarda, sorpreso, e chiede: “Come mai non sei all’allenamento?”. Gli racconto l’accaduto. Lui, senza esitare, mi carica in auto, la Fiat 125 vinta a un’asta della banca in cui lavorava… Era ragioniere, lo sono anch’io. Mi accompagna in palestra e strada facendo mi dice: “Non credetevela molto, tu e l’allenatore. La cosa più importante è la squadra”. Grazie, babbo, lo ripeto ancora oggi. Ci sono giocatori, anzi campioni, come li definisce la stampa, che non sanno dirsi niente, che non sentono il bisogno di aprirsi. Invece, più sei grande, più avresti la necessità di comunicare. Proprio la difficoltà a comunicare fu determinante in quell’esonero. La prima cosa da fare è comunicare. Soprattutto in un campo piccolo come il nostro, dove siamo in tanti in poco spazio…”.
Il primo petalo della margherita di Lorenzetti: l’insegnamento del padre e la comunicazione. Il secondo è il condividere e l’importanza di avere un amico. “Allenato la nazionale giovanile, avevo la collaborazione di uno staff molto in gamba. Giochiamo una partita, andiamo sul 2 a 0, io faccio un po’ di cavolate e perdiamo 2-3. Mi rivolgo all’amico, convinto di trovare conforto, lui mi risponde: “Tu cosa condividi con noi?”. Me lo sbatte in faccia, a muso duro. Rifletto, capisco la lezione, l’importanza di condividere con gli altri, di avere amici fidati. Ai miei giocatori chiedo: “Cosa ci facevano Robinson Crusoe e Venerdì nell’isola deserta raccontata da Daniel Defoe? Uno era un fighetto, il secondo tutto nudo. Hanno comunicato perché avevano bisogno l’uno dell’altro”.
Il terzo petalo è il parroco… “Ho vissuto la parrocchia, frequentandola quotidianamente, non solo per giocare. Il parroco mi ha regalato un libro fondamentale per la mia formazione: “Il piccolo principe” di Antoine de Saint-Exupéry. Leggendolo ho appreso una virtù preziosa: la temperanza, la moderazione, l’umiltà. Ecco le prime basi: comunicare, condividere, temperanza. Ai miei giocatori dico sempre: “Non siate imbecilli”. I nuovi rimangono sorpresi. I vecchi intervengono in aiuto: calma, ti spiega tutto. Io dico loro: “La mia porta è sempre aperta, ma non venite da imbecilli, entrate con la vostra coscienza”. Lo ripeto anche ora che – dopo quattro sconfitte di fila – sono a rischio esonero”.
Il quarto petalo del “fiore di Angelo” è rappresentato dallo zio. “Pescatore, come molti fanesi. Non so se lo sapete, ma le proprietà dei pescherecci è divisa in carati. Ne aveva qualcuno anche la mia famiglia. E ciò ha agevolato la mia scelta di lasciare la banca in cui lavoravo per fare l’allenatore. Dunque, mio zio decide di fare un peschereccio in ferro, contro il parere di tutti. Il ferro è difficile da governare quando il mare è mosso. Così, durante il maltempo, il peschereccio resta in porto. Mio zio decide di uscire ugualmente, con un solo membro d’equipaggio. Rischia, ma esca e torna. Vincono la sua voglia di cambiamento, il coraggio. Un esempio importante anche in una squadra. Non è facile inserire un cambiamento, lo spogliatoio è spesso scettico, respinge la novità. Invece, il cambiamento aiuta a vincere. Fa paura ma aiuta a crescere, soprattutto fa perdere senza concedere alibi”.
Il quinto petalo è Julio Velasco, la perseveranza. “Julio mi ha insegnato che spesso il vero avversario siamo noi. Bisogna credere nelle proprie idee, nel proprio lavoro. Serve la perseveranza, la voglia di provarci e in certi casi è un aiuto anche la testa dura, la determinazione. Io ricordo sempre i coniugi Curie, Marie e Pierre. Lei chimica e fisica polacca, naturalizzata francese, sposò Pierre. Insieme studiarono il radio. “Dopo il 487° insuccesso – racconta Lorenzetti – lui s’arrese. Lei no. E grazie ai suoi studi che entrambi ricevettero il Nobel per la Fisica, che i raggi X aiutano la medicina, che i malati di cancro possono essere sottoposti non solo alla chemioterapia ma anche alla radioterapia. Se anche Marie si fosse arresa, chissà quanto tempo sarebbe passato prima di arrivare agli studi dei coniugi Curie”.
“Tutto questo, però, è possibile solo grazie all’amore. Una volta mia madre, dopo che ne avevo combinato una delle mie, lasciò un foglio in cui era scritto: “Ci si sente più forti a sentirsi amati che a sentirsi forti”. Ecco un altro petalo, il sesto: l’amore, la madre.
Un altro importante petalo nella vita e nella carriera di Lorenzetti è rappresentato dalla sorella. Rappresenta la fiducia reciproca: è un messaggio che la sorella gli manda dopo avere appreso di essere malata, di avere un tumore.
Una lezione straordinaria, di vita più che di sport, che il ragionier Angelo Lorenzetti da Fano dovrebbe trasmettere a tutti, magari con un libro. Lui ama molto la lettura, non la citazione fine a se stessa, quella capace di sollecitare una risposta, di scatenare una reazione di gruppo, di emozionare. Quanti di voi hanno provato emozioni più grandi di quando un professore vi ha letto qualcosa che andava dritto al cuore? Quanti di voi non hanno pianto con Robin Williams, ineguagliabile professor Keating nel film “L’attimo fuggente”.
“Se noi ombre vi abbiamo offeso, per poterci dare il perdono, fate conto di avere dormito mentre queste visioni apparivano. E che a mostrarvi paesaggi immaginari sia stato un sogno. Signori non ci rimproverate, se ci perdonate rimedieremo, Ascoltate l’onesto Puck. Se avremo la grande sorte di sfuggire ai vostri insulti, potremo rimediare signori. Che Puck non è un mentitore”. Così, Angelo Lorenzetti da Fano ha salutato l’Auditorium prima di essere travolto da un lungo applauso, il grazie di chi era presente, anche a nome degli assenti.
Lascia una risposta