di Redazione
2 novembre 2011

Il murales apparso a Riccione vicino al sottovia di viale Verdi
Verrà il giorno, prima o poi, in cui le immagini stilizzate di Marco Simoncelli e dei suoi riccioli diventeranno una maglietta che i ragazzi porteranno, senza differenza, come quella di Jim Morrison o di James Dean. Difficile far capire veramente, alle generazioni future, perché un pilota senza corone nell’albo d’oro della classe regina del Motomondiale, sia riuscito raccogliere su di sè, sulla sua famiglia, su Coriano, in maniera così trasversale, i cuori di milioni di persone.
Certo, si racconterà del suo terribile incidente, si vedrà e rivedrà quel casco volato via, si parlerà del collo unica parte veramente scoperta del corpo di un motociclista, della curva presa così e della moto andata di là, proprio mentre arrivavano altri due piloti. Si racconterà della terribile sfortuna, della serie di coincidenze, delle coincidenze sfigate, della morte in diretta tv, delle lacrime e dei funerali seguiti come se fosse un capo di Stato. Ma non basterà. Perché il tempo cancella tutto, diluisce tutto, annacqua ogni cosa. E le trasforma.
Bisognerà schivare parecchi luoghi comuni.
Qualche sera fa, girando in auto con degli amici per le vie di Riccione, ho ripensato a un articolo che avevo letto su un GQ particolare: giugno 2007, direttore d’eccezione del mensile Condé Nast, per l’occasione, Valentino Rossi. Titolo dell’articolo: “L’indomabile Barry Sheene”.
Alzi la mano chi non si intende di motori e conosce lo stesso Barry Sheene.
Appunto.
B.S., negli anni 70 (si ritirò nel 1981), fu più di un campione. Fu l’equivalente dei Beatles per il mondo della musica. Vinse due titoli classe 500 (’76 e ’77) ma, soprattutto, riuscì ad avvicinare al motomondiale tutti. Anche le nonnine inglesi che, tra un the e un goccio di gin, si chiedevano che cosa stesse architettando il solito Barry, che amava correre forte, le belle donne e non aveva mai paura. Mr Sheene, per primo, riuscì ad avvicinare ai motori anche i non appassionati di motori. Come fece poi, 15 anni dopo, Valentino Rossi. E come contribuì Marco Simoncelli, semplicemente come Marco Simoncelli, ancora più tardi. Non come un Valentino bis, come un clone più romagnolo di Valentino ma come, e semplicemente, SuperSic.
Marco Simoncelli è stato, è, e sarà sempre il ragazzo della porta accanto. Lo vedevi in tv ma poi eri capace di incontrarlo in giro per Cattolica o Riccione in felpa e jeans. Era un ragazzo normale, come ne servirebbero tanti al giorno d’oggi. Ma aveva uno straordinario talento. Non solo nel guidare col polso e col cuore. Sic sapeva raggiungere subito le persone. A suo modo, chiaro. Simoncelli diceva come stavano le cose con disarmante semplicità. Era vero, genuino, naturale. Non lo conoscevi ma lo conoscevi. Così in tv, così in scala uno a uno. Era semplice in un mondo in cui anche lo stronzo più vuoto vuole apparire complicato, complesso, per essere più interessante. Era vicino in un mondo, o comunque quella sua parte che finisce in Tv, dal circo della politica a quello dello spettacolo, che poi spesso è la stessa cosa, sempre più distante dal mondo reale.
Simoncelli era vero come il dolore che ha provocato e la scia di verità che ha lasciato e in cui ci si sono infilati, fortunatamente, in tanti. Anche i suoi splendidi genitori, nel momento di un dolore così acuto, inspiegabile e senza consolazione, si sono fatti forza grazie alla sua verità. Ancora oggi, nella villetta che stava realizzando con la fidanzata Kate, vicino a casa dei genitori, c’è un suo cartonato in grandezza naturale. I lutti vissuti in nero totale, con le persiane chiuse, sono distanti anni luce.
Eccolo lì, il Sic, ancora adesso. Come lo è nei pensieri delle persone che, con la sua morte, è come se avessero perso un amico, un vicino di casa, una persona realmente vicina. Lo si è visto su Fb dove, sulla sua pagina ufficiale, praticamente da subito, post dopo post lo sgomento ha lasciato spazio alla speranza, poi al dolore e poi all’incredulità con un moltiplicarsi di condivisioni, foto ritoccate con le nuvole, gruppi dedicati, frasi d’impatto, camionate di “mi piace”. Ma anche nella realtà reale, al di là della grandissima sconfinata partecipazione al lutto di Coriano, c’è stato qualcosa di differente. Il mondo di internet e quello reale, per una volta, sono stati aderenti. Tavullia, in questi giorni, ha reso omaggio togliendo dalla piazza lo striscione celebrativo delle 100 vittorie di Vale. Riccione, invece, ha parlato con uno striscione in cui, da giorni, tutti scrivono il loro pensiero e uno splendido murales. Per non dimenticare.
gia.mur.
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