“Dietro i canestri”… di Scavolini-Benetton

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17 novembre 2011

Dietro i canestri. Il libro del nostro Luciano Murgia (Minerva edizioni)

Dietro i canestri. Il libro del nostro Luciano Murgia (Minerva edizioni)

PESARO – Anche questa settimana prosegue il viaggio nel passato grazie al libro di Luciano Murgia, “Dietro i canestri” – Diario di viaggi. Racconto di passioni. Trent’anni nel mondo del basket (Minerva Edizioni – novembre 2010). Giocando la Scavolini Siviglia contro la Benetton Treviso, proponiamo alcuni episodi che fanno parte della storia di questa sfida.

La nuova Benetton di Sasha Djordiević schiera un americano, Jeff Adrien, che pure alto 1,97, è un rimbalzista di grande valore. La scelta riporta indietro nel tempo, quando gli allenatori italiani – tra un 2 metri che prendeva tanti rimbalzi e un 2,10 che non saltava -sceglievano il giocatore più alto, per non subire le contestazioni dei tifosi. Ovviamente c’era chi andava controcorrente. Non a caso…

 

Dal capitolo “Daye e vai in Romagna”

Telefono negli USA. “In Italia, tra un due metri che accalappia dieci rimbalzi e un due e dieci che ne prende la metà, scegliete sempre il secondo. Conta l’immagine…” commenta Don Casey. Vero, verissimo. L’eccezione che conferma la regola è Clarence Kea, americano di Roma, Udine e Firenze. Pur essendo meno di due metri e giocando sotto canestro, di rimbalzi ne arpionava 13,9 (5,8 offensivi e 8,1 difensivi) con un massimo in carriera di 25 (11 più 14). Capito? L’aveva ingaggiato Valerio Bianchini”.

 

Scavolini-Benetton significa anche… Andrea Gracis

 

Dal capitolo “Wimbledon, scudetti e lacrime”

“Archiviato il 1993/94, la V.L. chiude il capitolo Andrea Gracis, uno dei più amati nella storia del basket pesarese. Trevigiano classe 1960, Wikipedia scrive che “Bambino, aveva iniziato con il calcio, nei pulcini del Treviso, ma i familiari preferirono indirizzarlo alla pallacanestro…”, seguendo il fratello Paolo. A diciannove anni Andrea è nella Liberti Treviso, che disputa la serie A2. Poi nella Reyer Venezia. Dalla Laguna giunge a Pesaro insieme con il pivot Luca Silvestrin: è il 1983. L’adattamento avviene con non poche difficoltà. Andrea, timido e schivo, gradisce mal volentieri l’invadenza della tifoseria biancorossa. Gracis si sente playmaker, Nikolić ha opinione diversa. La coabitazione con il Professore, che lo ha allenato a Venezia, è spinosa. Problematica quella in camera con Mike Sylvester, compagno troppo disordinato di molte trasferte. L’educazione di Andrea è messa a dura prova. Disputato un derby con Fabriano, lo aiutano molto le parole di Gigi Serafini, ex Reyer. Stringe i denti. I tifosi apprezzano la serietà, il tiro, la difesa. Non potrebbe essere in altro modo, la sua è una famiglia di avvocati. Una crescita costante che ha naturale completamento in maglia azzurra. Gracis è figura di spicco dei due scudetti, delle vittorie in Coppa Italia e di molte finali. La storia finisce. Andrea è ospite di una diretta radiofonica commovente. Piangono gli ascoltatori, piange lui. Tornato a Treviso, vince allenato da Mike D’Antoni, che gli è amico dalla comune militanza in Nazionale (Europei ’89, Zagabria). Con l’Italia, Gracis è medaglia d’argento agli Europei di Roma ’91; con lui, in azzurro, Costa e Magnifico. Andrea chiude in B d’Eccellenza con i Bears di Mestre. Ritiratosi a trentanove anni, entra nello staff di Luciano Capicchioni, agente sammarinese. A distanza di vent’anni dallo storico trionfo pesarese, Andrea è ancora apprezzato. La sua immagine in un’azione di gioco con la casacca pesarese fa bella mostra sulla fiancate degli autobus di linea della locale società di trasporto pubblico.

Con Riva e Dell’Agnello, gli americani sono Corey Gaines, tagliato per Elmer Bennett, e Dean Garrett. Nel roster i giovani Paolo Calbini, Federico Pieri e Matteo Panichi, pesarese di adozione. Nei playoff i cucinieri vengono eliminati dalla Benetton. Il bentornato a Gracis è degno del bicampione e dell’uomo”.

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