Servizio Pubblico, i nostri voti

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18 novembre 2011

Rieccoci al nostro appuntamento settimanale.

santoro travaglio

Travaglio e Santoro

Antonio Di Pietro: voto 7.5.
Il leader dell’Italia dei Valori si mostra calmo e riflessivo. Elogia le immagini iniziali, quelle di giubilo della gente scesa in piazza a Roma la sera delle dimissioni di Berlusconi, “mai andate in onda su altre emittenti”. Non ha problemi a dire che i membri del nuovo governo Monti provengono tutti da una “storia personale in difesa dei poteri forti”, e si schiera contro la nomina di Passera a ministro dello Sviluppo economico. Darà la fiducia all’esecutivo, facendo “la sentinella”, e scegliendo volta per volta come votare le diverse proposte in aula (il che, a mio parere, è cosa saggia: non si può votare tutto a occhi chiusi). Inoltre, vuole che si cambi al più presto la legge elettorale (“no a condannati in parlamento, preferenza di voto”), o che, in alternativa, si voti il referendum per il quale, insieme a Parisi e pochi altri, ha raccolto le firme quest’estate, in modo da poter scegliere chi votare (evitando casi come Scilipoti, sul quale il politico molisano fa mea culpa in studio). Ricorda poi che tra poche settimane si dovranno nominare i nuovi membri del cda della Rai. La speranza del presidente dell’Idv è che non ci sia la solita spartizione politica, ma che si proceda a nomine di esperti del settore della comunicazione e del Web. Indelebile la frase che pronuncia dopo aver sentito le donne presenti in studio appena licenziate dalla loro azienda: “Ha perso il comunismo, ma davvero ha vinto il capitalismo?”.
Flavio Tosi: voto 6.
Uno dei pochi leghisti che apprezzo (forse perché non è di certo un “bossiano”). Esordisce subito dicendo che l’esplosione del debito pubblico si è avuta negli anni ’80, da Craxi in poi, e che l’Italia non cresceva già da prima che arrivasse la crisi mondiale. Si mostra assolutamente contrario alla re-introduzione dell’Ici (strano, visto che forse questa è la tassa più federalista che esista), mentre invece apre all’imposta patrimoniale. Non ama il governo Monti, ma in fondo – lo ammette lui stesso -, causa l’inadeguatezza dell’esecutivo, il commissariamento dell’Europa ci sta tutto. Secondo Tosi, però, non saremmo arrivati a questa situazione se Silvio si fosse dimesso prima. E forse non ha tutti i torti. Come Di Pietro, anche il sindaco di Verona è d’accordo sul cambiamento della legge elettorale (“scegliamo i sindaci, i presidenti di provincia, i governatori, ma non i parlamentari”). Inoltre egli dice che è vero che la mafia ormai è infiltrata dappertutto, al Nord come al Sud, ma non manca di ricordare – e ti pareva – che con Maroni ministro dell’Interno ci sono stati arresti, sequestri e blablabla. La solita solfa. Mai una volta che si dica che gli arresti li fanno le forze dell’ordine e la magistratura. E ancora: secondo Tosi il conflitto di interessi, per il caso Passera, è inesistente, in quanto lo stesso si è dimesso da Banca Intesa. Forse un po’ riduttiva come giustificazione. Chiosa finale sulla crisi: “c’è ma è colpa della globalizzazione”.
Tito Boeri: voto 7.
Il fratello di Stefano – assessore milanese in quota Pd – è un bravo economista, e si vede. Sostiene come, analizzando lo spread attuale, l’Italia sia molto vicina al punto di non ritorno, ma anche che il Belpaese può e deve risollevarsi, altrimenti “va giù l’Europa”. Il problema, secondo Boeri, è che il nostro debito pubblico è detenuto da altri Stati o da imprese estere, che quindi ci tengono in scacco; a differenza, per fare un esempio, del Giappone, che ha un debito pubblico simile a quello dell’Italia – quindi altissimo – ma detenuto quasi interamente dai giapponesi. Se la situazione economica nostrana è quella che è, lo si deve anche ai nostri politici. Basti pensare che prima dell’estate la Spagna era messa peggio di noi, mentre oggi le cose stanno diversamente. L’economista dà la colpa di tutto ciò, tra gli altri, a Tremonti e a Berlusconi. Interessanti, poi, le sue proposte in termini di lavoro: contratto indeterminato per i giovani, che garantiscano una maggiore protezione; oppure a periodo determinato ma con stipendio più alto, proprio perché mancano le tutele. Riguardo le università, per Boeri, bisognerebbe stipulare un accordo con le aziende, per permettere di studiare, lavorare e guadagnare qualcosa.
Federico Rampini: voto 7.
L’ormai “statunitense” giornalista di Repubblica parte subito in quarta: nelle banche non c’è trasparenza, il sistema è contorto. Per uscire dalla crisi – e qui si dà ragione ad Agnese, la ragazza del pubblico – bisogna ridistribuire la ricchezza, non c’è altra scelta. La sinistra? Si è mostrata totalmente impreparata sulla crisi economica. Per tornare a crescere bisognerebbe seguire il modello della Germania, in cui c’è “meno evasione fiscale, rispetto delle leggi ambientali e salari più alti al mondo”.
Gianni Dragoni: voto 7.
Interviene meno rispetto a Rampini e Boeri, ma le sue parole sono comunque illuminanti. Fa il punto della situazione su Unicredit, prossima a una imminente ricapitalizzazione. Parla anche delle diverse partecipazioni di Ligresti, che al momento appare molto indebitato, e che, nonostante ciò, viene aiutato proprio da Unicredit, con un prestito di decine di milioni di euro. Peccato che, sempre nello stesso periodo, si prevede il licenziamento, da parte della banca, di circa 5mila persone.
Marco Travaglio: voto 9.
Il suo editoriale è più complesso del solito. Si parla di Passera e dei suoi conflitti di interessi. L’analisi è perfetta. Unico difetto: forse cita un po’ troppe volte il Fatto Quotidiano, giornale di cui è vicedirettore. Per carità, da assiduo lettore posso dire tranquillamente che solamente il giornale di Padellaro dà certe notizie, però, visto che si parla di conflitto di interessi, forse non è carino autocitarsi troppe volte.
Michele Santoro: voto 5.
Nell’anteprima si dilunga un po’ troppo (lo fa in attesa che arrivino i voti della fiducia al Senato, è palese). Conduce benissimo, ma non c’erano dubbi. Ottima anche la scelta di invitare in studio i giovani studenti che protestano e le donne marchigiane licenziate. Giusta – e anche un po’ velenosa – la sua battuta alla ragazza del pubblico: “La prossima volta porti un videoregistratore, che è la stessa cosa”. E come dargli torto? La giovane è stata chiamata in causa più volte e ha sempre risposto dicendo: “Dobbiamo ridistribuire la ricchezza, dobbiamo ridistribuire la ricchezza, dobbiamo ecc…”. Un disco rotto.
Ma allora perché questo voto insufficiente per l’anchorman televisivo? Lo spiego subito: il servizio su Mandalà, che parla dei suoi rapporti col presidente Schifani, doveva andare in onda subito, ad inizio puntata. Non sul finale, verso mezzanotte, quando tanta gente è già andata a letto.
Ahi, ahi, ahi… Santoro… ma come si fa?

Vauro: voto 10.
Che vignette ragazzi… Bersani che ripete continuamente a Berlusconi, fino ad ipnotizzarlo, “Dimettiti” è davvero da sballo. L’autore del “Male” si chiede poi: il nuovo governo sarà capace di imporre l’Ici anche alla Chiesa? Bella domanda, di cui mi sa tutti conosciamo la risposta. Il finale è grandioso. Dice Vauro: “In culo alla balena”. E poi continua: “Sì, alla balena bianca….”.

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