Pesaro come CSI: ruba 200 mila euro in gioielli ma la Scientifica lo incastra analizzando il suo sangue

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26 novembre 2011

Polizia

PESARO – Aveva rapinato un rappresentante di gioielli sul lungomare di Pesaro: lo aveva seguito e affiancato, spaccato il finestrino dell’auto e strappato la borsa che all’interno conteneva 200 mila euro di preziosi. Tutto perfetto, tranno l’indizio lasciato: il sangue che aveva perso, tagliandosi con il vetro del finestrino, e che alla fine ha permesso alla Scientifica di identificarlo.

Gli investigatori della Squadra Mobile di Pesaro, unitamente a quelli delle Squadre Mobili di Napoli e Treviso, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari di Pesaro nei confronti di D. M., napoletano di anni 47, disoccupato, già noto alle Forze dell’Ordine, autore di rapina aggravata.

Il fatto risale al mese di ottobre 2010, quando D. M., unitamente ad un complice, rapinava un rappresentante di gioielli sul lungomare di Pesaro.

Nella circostanza, l’uomo, avvicinatosi a piedi alla vettura del rappresentante, che si accingeva a ripartire dopo aver visitato un cliente, ne infrangeva il finestrino anteriore del passeggero con una punta di trapano, quindi si infilava nell’abitacolo, afferrando una borsa che il rappresentante teneva al suo fianco, contenente gioielli per un valore di circa 200mila euro.

Nell’infrangere il finestrino il rapinatore si feriva con il vetro, lasciando alcune tracce di sangue, che venivano rinvenute anche sulla punta del trapano, abbandonata durante la fuga a brodo di una motocicletta guidata da un complice.

Il sopralluogo effettuato dalla Polizia Scientifica, consentiva di repertare ed acquisire le tracce ematiche. Le indagini esperite dalle tre Squadre Mobili portavano all’identificazione di D. M., nel frattempo detenuto presso la Casa Circondariale di Treviso in quanto coinvolto in analoghe rapine in Veneto, sospettato di essere l’autore anche della rapina consumata a Pesaro. La successiva comparazione fra il DNA rilevato dalle tracce ematiche lasciate sul luogo di quest’ultimo delitto e quello di D. M., confermava l’ipotesi investigativa e consentiva all’Autorità Giudiziaria di emettere il provvedimento restrittivo nei suoi confronti.

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