di Redazione
6 dicembre 2011
PESARO – Altro che prodotti biologici. La Guardia di finanza di Verona ha scoperto 2.500 tonnellate di merce – frumento e soia, farina, frutta ma non solo – tutt’altro che bio. Prodotti per 200 milioni di euro sequestrati al termine di una lunga e complessa indagine, che poterà nelle prossime ore sei persone in carcere tra Verona e Ferrara, Foggia e la provincia di Pesaro e Urbino.
Proprio così, la provincia di Pesaro e Urbino. Una frode che tocca anche il nostro territorio, assumendo dimensioni spaventose dal momento che si stima che i prodotti alimentari falsamente biologici ammontino a un valore pari a oltre il 10% dell’intero mercato nazionale del settore. Aggiornamenti a breve.
Dall’esame di tutti i documenti che interessavano le ditte coinvolte si è accertato che il volume di prodotti con falsa
certificazione biologica è meno del 2,5% di quello prospettato dalla GdF, che si riferisce all’intera quantità registrata dalle ditte
indagate, che risulta perdipiù frutto anche di fatturazione fittizia: non a caso agli arrestati vengono addebitati i reati di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture e altri documenti inesistenti, la
dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici e l’emissione di fatture per operazioni inesistenti.
Anche il valore dei prodotti accompagnati da certificati falsificati è nettamente inferiore a quello stimato la settimana scorsa: applicando le quotazioni di mercato odierne, arriviamo a fatica a 5 milioni di Euro (contro i 220 milioni di cui s’era parlato: anch’essi sono riferiti al volume d’affari complessivo delle società coinvolte, sempre gonfiato da
operazioni inesistenti).
È stato anche accertato che la frode si è protratta da ottobre 2007 ad agosto 2008 e ha riguardato esclusivamente orzo, mais e soia per mangimi, girasole, farro, 2 partite di frumento e delle mele da purea.
Il perimetro della frode (che innegabilmente c’è stata, ma si palesa più come “frode fiscale” che come “frode biologica”), va assai ridimensionato.
Ciò non basta a rasserenare le 47.658 aziende perbene e le oltre 300.000 persone che lavorano nel settore biologico italiano (che sono parte lesa e attraverso le loro organizzazioni stanno costituendosi parte civile nel processo), ma dà almeno la dimensione corretta.