di Redazione
27 gennaio 2012
Loredana Longhin: “Determinante scommettere sul lavoro delle donne con un’iniziativa forte a partire dal livello nazionale per cancellare la legge sulle dimissioni in bianco”
PESARO- Le prospettive per questo 2012 appena iniziato, considerato da tutti gli analisti un anno di recessione economica, sembrano molto negative già a partire dai dati resi noti nei giorni scorsi dalla Provincia che parlano di un tasso di disoccupazione femminile che continua a crescere anche nel nostro territorio. Accanto al fenomeno della disoccupazione in aumento c’è un altro aspetto che preoccupa il sindacato: l’aumento delle dimissioni dal lavoro delle lavoratici madri. “Riteniamo che si tratti di una costrizione e non di una scelta –spiega Loredana Longhin della Segreteria Cgil -. Un questionario della Direzione provinciale del lavoro e rielaborato dal nostro ufficio studi dimostra ancora una volta come l’impossibilità di conciliare figli e lavoro costringa molte donne a dimettersi prosegue-.
I risultati dell’indagine mostrano che nel 2011 si sono dimesse volontariamente, convalidando la decisione alla Direzione provinciale del lavoro, nel primo anno di vita del bambino, 196 donne, un trend in continua crescita in questi ultimi anni, nel 2009 per esempio sono state 135, e due anni fa 153. Pesaro detiene il primato con il dato più alto di tutte le Marche.
Ma la lettura di questo dato deve tener conto anche del fatto che ci sono mamme lavoratrici che si dimettono dopo i 12 mesi di vita del bambino; impossibile fornire il dato perché in questo caso non sono tenute a convalidare la decisione alla Direzione del lavoro.
Le donne intervistate sostengono che la principale causa dell’abbandono del lavoro è legata all’incompatibilità tra il lavoro e l’assistenza al neonato.
In questi questionari, tra i motivi della scelta di lasciare il posto di lavoro prevalgono la scarsità di servizi all’infanzia e nello specifico la carenza di asili nido (29,6%) e la mancanza di supporto della rete parentale (26,5%) . Un’altra causa di abbandono del posto di lavoro è pur tuttavia la mancata concessione del part – time, ma anche il desiderio di cura della prole in modo esclusivo (14,3%).
Ovviamente, si tratta di giovani donne sono con un’età compresa tra i 26 e i 35 anni, la stragrande maggioranza (61,2%) di loro ha un solo figlio, mentre solo il 30% ha due figli e il 4% ne ha più di due.
I settori di provenienza delle donne dimissionarie è quello dei servizi e commercio (75%) seguito a poca distanza dall’industria (23%).
Significativo è anche il dato relativo alla dimensione aziendale: le imprese di provenienza sono piccole, tant’è che il 68% delle intervistate lavorava in aziende con un massimo di 15 dipendenti, mentre solo il 22% in aziende da 16 – 50 dipendenti.
Per quel che concerne l’anzianità lavorativa, la maggior parte delle donne intervistate ha dichiarato di essere piuttosto “giovane” sul posto di lavoro: il 46,4% lavorava presso l’azienda da un massimo di 3 anni.
Questi dati ci ricordano l’urgenza di promuovere efficaci azioni positive, perché le donne hanno il diritto sia di lavorare sia di poter diventare madri.
Nella nostra realtà produttiva locale notiamo ancora una superficialità di approccio a questo tema, laddove invece servirebbe, davvero, una maggiore disponibilità a trattare sulla flessibilità degli orari in ingresso e uscita, sul part –time dopo la maternità per garantire una maggiore partecipazione delle donne al lavoro.
E’ necessario intervenire da subito mettendo in campo innovative politiche attive del lavoro, e politiche sociali ed educative per garantire un’adeguata rete di servizi a partire da quelli della prima infanzia.
E ciò è ancor più necessario alla luce della riforma previdenziale che prevede l’allungamento dell’età pensionabile per le donne, per questo tutti gli attori sociali devono sentirsi impegnati a concertare in maniera efficace, politiche adeguate “per liberare tempo” alle donne per garantire la cura alla propria prole. Viceversa le donne di oggi corrono il rischio di non poter essere né madri né nonne.
Per la Cgil, è determinante per uscire dalla crisi scommettere sul lavoro femminile, per questo – conclude Longhin – chiediamo a tutti i livelli a partire da quello nazionale un impegno maggiore per incentivare non solo l’ingresso nel mondo del lavoro ma anche la permanenza.
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