24 febbraio 2012
Celentano c’è?
Maurizio Belpietro: voto 7
Prima volta a “Servizio Pubblico” per il direttore di “Libero”, spesso presente nelle scorse edizioni di “Annozero”. Il voto è alto e meritato. Inizia sostenendo che a Sanremo comanda solo lo spettacolo, e definisce il battibecco mandato in onda tra Mazzi e Mazza una ‘sceneggiata’. “Celentano l’hanno voluto, sapevano chi era e poi ha semplicemente detto quello che ha sempre sostenuto in altre trasmissioni”. La Rai è riuscita a fare ascolti, quindi ha portato a termine il suo obiettivo. In fondo, il festival è finito da diversi giorni, eppure ancora si parla del Molleggiato, che, a parere di Belpietro, non verrà assolutamente sanzionato. Per evitare le pressioni politiche, il giornalista propone la privatizzazione della Rai, e a chi rimpiange la Prima Repubblica risponde: “Non è vero che c’erano tre reti con voci diverse: casomai, con voci di tre partiti diversi”. Non ha tutti i torti. “Era la partitocrazia che governava la Rai: si assumeva quasi esclusivamente per criteri politici”. Cosa innegabile, tanto da far scattare un applauso (chi l’avrebbe mai detto? Belpietro applaudito da Santoro). E ancora: “E’ servizio pubblico ‘Ballando con le stelle’, con i mega compensi a Vieri e Rivera dati in un periodo di crisi come questo? O ‘L’isola dei famosi’?”. La risposta la sappiamo tutti. Chiosa finale: “Se la Rai non smonterà la struttura che ha in mano oggi, non potrà mai essere competitiva con la concorrenza”.
Lucia Annunziata: voto 5,5
“Alla Rai hanno preferito far finta di non saper fare il proprio mestiere pur di non prendersi le critiche sulla vicenda Celentano”. La conduttrice di “In mezzora” inizia così. Poi dice che l’offerta proposta dalla sua azienda è comunque migliore di quelle di Mediaset e La7. A suo avviso la Rai non è quindi da buttare, però, certo, ci vorrebbe un buon manager, anche se, ribadisce, il suo stato – penoso – attuale dipende anche dal fatto di essere stata controllata, per diversi anni, dal padrone della concorrenza. Spera che Monti riesca a ristabilire un po’ di ordine nella tv pubblica, magari con un “governo tecnico in Rai”. Tirate le somme, è l’ospite che più difende la Radio Televisione Italiana. Poi un pensiero su “Avvenire” e “Famiglia cristiana”, che a lei piacciono, perché sono giornali coi “contro…”. Sarà. Su Celentano ha le sue riserve: difende la sua libertà di parola ma si arrabbia per le critiche alla “corporazione dei media”, visto che “non esiste alcuna casta dei giornalisti”. Infine, la frase sui gay: “Avrei difeso Celentano anche se avesse detto che gli omosessuali vanno mandati nei campi di sterminio”. Meglio stendere un velo pietoso.
Norma Rangeri: voto 6,5
La realtà, per la direttrice de “il manifesto”, è che la Rai è ipocrita, tutto qui. La presa di distanza dal “ragazzo della via Gluck” si spiega con le invettive dell’artista contro la Chiesa e i giornali cattolici. E pensare che il grido d’allarme viene da una persona profondamente credente. Forse è proprio per questo che l’effetto delle sue parole sugli spettatori a casa è stato così forte. Il servizio pubblico, sostiene, “somiglia sempre più a Mediaset: fa un prodotto volgare, non informa”. Frase, questa, mal digerita da Lucia Annunziata. Sul finale, la Rangeri lancia anche una frecciatina all’attuale premier, che “non ha detto una parola sulla riduzione del fondo per l’editoria”. Per tale motivo pensa che Monti si disinteresserà, a pari modo, con la Rai.
Corradino Mineo: voto 6,5
Uno dei giornalisti più in gamba sulla piazza. Basti vedere come, con pochissime risorse, abbia fatto diventare RaiNews24 un servizio di qualità e di informazioni attendibili. La sua teoria su Celentano è questa: “E’ stato fortemente voluto dai vertici, anche dalla Lei. Poi ha attaccato i giornali cattolici ed è arrivato il panico”. La querelle poteva essere evitata. Bastava dire: “I giornali devono vivere e Celentano può dire quello che vuole”. Punto. La Rai deve essere libera dal pensiero unico, “i direttori di rete sono senza potere”. Da anni “stiamo copiando il sistema delle reti televisive di Berlusconi”. Ci vuole un buon investimento statale, oltre che un forte recupero dell’evasione.
Massimo Bernardini: voto 5
Il giornalista cattolico parla inizialmente dei dati di vendita degli spot della Sipra, evidenziando come i break pubblicitari, nelle serate in cui si è esibito Celentano, hanno fruttato molto più denaro del solito. Dati alla mano viene dimostrato, quindi, che i picchi d’ascolto si sono avuti, in gran parte, proprio col cantante lombardo. Anche lui, come un po’ tutti in studio, è critico nei confronti della Rai, colpevole di “non decidere la propria vocazione”, e ce l’ha col cantante, che ha invocato la chiusura dei giornali cattolici. Nonostante le argomentazioni in studio, ribadisce i successi della sua azienda, negli ultimi mesi, contro il Biscione. Appare discutibile, invece, il suo pensiero su Dario Fo, Franca Rame e lo stesso Celentano: “Sono grandi vecchi che non sanno leggere la realtà: il coraggio non si recupera con loro”.
Carlo Freccero: voto 9
Grande autore, grande giornalista, grande esperto su tutto ciò che concerne il panorama televisivo. Da dipendente Rai, è stupito che essa non sia capace di difendere i successi di casa, e al riguardo ha una sua teoria: è tutta colpa di un “complesso di inferiorità rispetto agli altri media”. Forse ha ragione. Freccero è anche arrabbiato, perché per il festival “hanno chiamato tutti personaggi esterni all’azienda: come Geppi Cucciari (La7) e Luca&Paolo (Mediaset)”, come se non ci fosse alcuna persona “interna” spendibile. La censura è cosa “mortale”. L’editto bulgaro sembra non aver insegnato nulla, ma è da lì che è iniziato il degrado. Freccero rimpiange il passato: “Una volta, in Rai, c’erano tre punti editoriali, seppur con tutti i i loro difetti. Oggi non è così. Vogliamo una rete cattolica? Va bene, ben venga. Ma facciamone una anche laica!”. Toccherebbe, anche, differenziare i contenuti, visto che la tv attuale “porta all’Alzheimer”. Divino. A suo dire, quando Celentano, nel suo monologo, parla di Inferno è come se invocasse una sorta di rivoluzione dal basso. Dopo aver sentito l’editoriale di Travaglio, afferma: “In Rai non sarebbe stato possibile ascoltarlo”. Ricorda, infatti, che quando lavorava con Luttazzi si scatenava un casino ogni qual volta si toccava un tema religioso.
Antonio Di Pietro: voto 7,5
L’unico politico presente in studio (togliendo Rizzo Nervo, che compare in veste di consigliere Rai dimissionario). L’ex pm esprime solidarietà a Celentano, sostenendo che “non ha diffamato nessuno, ha detto solo la verità”. Non è forse vero che “ci sono due Vaticani? Uno dei poveri cristi e uno dello IOR?”. E poi, è falso dire che la gente ha una gran voglia di cambiare la legge elettorale? Tutte tesi veritiere, “scomode per chi controlla il servizio pubblico”. Il paradosso sta nel fatto che la Rai sia “controllore nominato dal controllato”. Il leader dell’Idv non vuole la privatizzazione, perché il servizio pubblico “è dei cittadini che pagano il canone”. E proprio per questo vorrebbe che fosse il cittadino a scegliere chi mettere ai vertici. Chi amministra la Rai non dovrebbe avere nulla a che fare con la politica. “Bisogna cambiare la Gasparri oppure far ritirare dal Cda i membri della cosiddetta opposizione”, creando notevoli intralci alle imminenti nuove nomine. Appare chiaro il destinatario di tale invito: il multiforme Pd di Bersani. Di Pietro si augura, inoltre, che anche la società civile, a tal riguardo, faccia il suo, magari occupando, fisicamente, piazza Montecitorio. Qualche commento negativo arriva poi per alcuni giornalisti, rei di aver rinunciato a fare il loro mestiere per diventare “servi” di una parte politica.
Nino Rizzo Nervo: voto 6
E’ cresciuto nella Rai e sa bene che, nemmeno negli anni del predominio democristiano, “si sarebbe mai mandato un commissario in trasmissione”. Al contrario di molti presenti in studio, crede che la dirigenza non volesse affatto il molleggiato in trasmissione. A suo avviso la scelta è stata imposta da Morandi e da Mazzi. Insomma, Celentano sarebbe stato “subito dalla Rai, così come è successo con ‘Vieni via con me’ e ‘Annozero'”. L’azienda vive alla giornata. Non difende i suoi successi. Non lo ha fatto nemmeno con Saviano. Il motivo? “La decadenza professionale e l’incapacità di chi la governa, oltre che le forti pressioni esterne”. Rizzo Nervo si è di recente dimesso, perché “non c’è alcun segno di discontinuità nell’azienda”.
Adriano Celentano: voto a vostra scelta
Non me la sento di dargli un giudizio secco. Dico solo che mi sono piaciuti i contenuti dell’intervista, meno il fatto che fosse tutto preparato (si è avuta l’impressione che leggesse su un gobbo). Se vi va, dite la vostra con relativo voto, lasciando un commento al post.
Dario Fo e Franca Rame: voto 7
I due artisti difendono Celentano, sostenendo che egli “parla per allegoria, con i suoi ritmi e le sue pause. E’ un autore che trasforma la banalità in arte”. Chi lo critica è un ipocrita, e ce ne sono tanti anche nella “sinistra”. La contestazione dell’Ariston, per i coniugi lombardi, è stata organizzata. Poco altro da aggiungere, ma averli in collegamento è comunque un bel colpo per la trasmissione.
Stefano, lavoratore Rai “indignato”: voto 8
E’ preoccupato, come i suoi colleghi, per il bilancio e la situazione editoriale dell’azienda. “Tutto viene appaltato fuori, anche la realizzazione dei prodotti, come ad esempio le riprese esterne: così si perde la funzione di servizio pubblico”. Il lavoratore evidenzia anche i tagli che sono stati fatti al personale e critica le spese di consulenza. Inoltre, anche le infrastrutture, a quanto pare, stanno per essere cedute (probabile una vendita di RaiWay), quando in Mediaset, tuttora, avviene l’opposto. Assurdo.
Gianni Dragoni: voto 7
La Rai ha bruciato i suoi conti negli ultimi anni, accumulando “trecento milioni di debiti”. La pubblicità è in calo, Mediaset ne detiene il triplo e ha pure meno dipendenti. Se l’azienda di Stato fosse privatizzata, perderebbe il canone, ma potrebbe aumentare le entrate derivanti dagli spot. C’è anche un’ipotesi di privatizzazione parziale, ovvero di una sola rete. Tipo BBC, che è in attivo con enormi ricavi e che, ciononostante e incredibilmente, è stata di recente criticata per presunti sprechi!
Marco Travaglio: voto 7
Non c’è molto da estrapolare dal suo editoriale. Più che altro perché dice molte cose dette più volte durante la serata. Interessanti sono le citazioni negative – e in alcuni casi denigratorie – dei politici del Pdl e della Lega nei confronti di “Famiglia Cristiana”: al confronto le parole di Celentano sembrano miele. Eppure nessuno si è lamentato. Il vicedirettore de “il Fatto” definisce la Rai una “succursale del Vaticano”. Ad esempio, “la Lei è molto amica di Bagnasco e di Bertone; il direttore di RadioRai è vicino al clero”. Poi parla della lettera di Viganò a Bertone e ricorda lo scoop del giornale su cui scrive sulla lettera in cui si parlava di una probabile morte del Papa entro dodici mesi. “I mass media di tutto il mondo ne hanno parlato, in Italia pochi giornali, tra cui ‘Libero’, che ha titolato ‘Travaglio ‘uccide’ il papa’. Il Tg1, in 13 secondi, ha citato la smentita del Vaticano, senza però dare la notizia”. E poi si parla tanto di codice etico della Rai, che non è stato utilizzato, però, con Minzolini (“né per la vicenda della carta di credito né per Mills ‘assolto’ “).
Michele Santoro: voto 7,5
Entra accompagnato dalle note del Molleggiato. E’ felice perché un giudice ha appena ordinato il ritorno al lavoro per gli operai di Melfi, ma preoccupato per la condanna di Corrado Formigli e della Rai, citati in giudizio dalla Fiat dopo aver mandato in onda, ad “Annozero”, un servizio ritenuto diffamatorio. Ai due soccombenti vengono richiesti diversi milioni di euro – sette per la precisione – di risarcimento. “E’ una sentenza enorme, che se confermata potrebbe stracciare la vita di un giornalista”. La cifra è davvero fuori dalla norma, se si considera che “chi perde un figlio per azioni di terzi può ottenere al massimo 300mila euro di indennizzo”. La sentenza deve essere equa. Il diritto di critica, o meglio, la necessità di critica va salvaguardata. Santoro è comuque convinto che in appello l’esito sarà diverso. Chissà, invece, se “Marchionne pensa che la Fiat risulti più simpatica dopo tale sentenza”. Se l’azienda torinese ha avuto problemi economici, negli ultimi anni, è anche a causa dei modelli proposti, “presentati, però, dalla stampa come sempre vincenti”, dunque senza critiche. Ma senza critiche il paese invecchia, così come i colossi industriali. La Rai, ad esempio, morirebbe subito. Per questo “ha bisogno di pensieri diversi, di Adriano Celentano, di artisti che si esprimono liberamente”. Ciò comporta dei rischi che bisogna correre, perché rappresentano il prezzo del vero servizio pubblico.
Il reportage video sui retroscena della kermesse sanremese è interessante: l’inviato Stefano Bianchi riporta diversi pareri su Celentano e non, da parte della gente comune, dei dirigenti Rai (Paglia, Marano), di Sgarbi, di Gianni Morandi, di Papaleo (che definisce “brutto” l’ultimo ventennio), degli stessi cantanti e altri ancora.
Ottima l’idea di dedicare una puntata, più che a Celentano (a cui è intestato il titolo), alla Rai e al servizio pubblico, con tutti i loro problemi.
La scelta degli ospiti non è male: sono tutti giornalisti, salvo Antonio Di Pietro, di cui si poteva fare a meno (non perché dica cose sbagliate, anzi, ma perché la presenza di un politico non mi è parsa consona alla serata).
Infine le candidature a direttore generale della Rai. Dunque, se davvero, come è stato detto durante la trasmissione, si candidasse Santoro – e, perché no, pure Freccero – saremmo tutti felici: almeno si presenterebbe gente con un curriculum serio alle spalle, che ha lavorato all’interno dell’azienda, evitando così le solite nomine politiche. Ma Beppe Grillo? Che c’entra? A che titolo dovrebbe essere candidato? Forse l’idea del sondaggio è stata una boutade che si poteva evitare (anche se ha suscitato grande entusiasmo tra il pubblico della rete).
Vauro: voto 7,5
“I ministri hanno messo online i loro redditi. Tanto per farci crepare di invidia”.
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