Ufficio scolastico regionale: confermato lo stato di agitazione

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6 luglio 2012

PESARO – “Il 27 giugno scorso si è svolto a Roma, nella sede del ministero dell’istruzione, un incontro in cui è stata illustrata la bozza di accordo tra governo, Regioni e Province autonome su finalità, tempi e modalità di attuazione del Titolo V della Costituzione in materia di istruzione.

La bozza consegnata alla organizzazioni sindacali fa addirittura un passo indietro rispetto alla precedente versione che, anche se genericamente, prevedeva la permanenza di presidi dello Stato sul territorio, rispetto ai quali erano state fornite, fino al giorno prima, formali assicurazioni verbali.

E’ prevista, infatti, entro il 30 giugno del prossimo anno, la chiusura delle Direzioni regionali e degli Ambiti territoriali con il trasferimento delle funzioni alle Regioni “Nel rispetto del principio di invarianza di spesa”.

Ciò significa che le Regioni potranno avvalersi del lavoro del personale statale, che non potrà, nel frattempo, essere assunto nei propri ruoli, ma, dopo la scadenza del 2013, non avrà nessuna garanzia sul suo futuro.

E’ chiaro che un taglio indiscriminato senza una riorganizzazione funzionale degli uffici vuol dire solo taglio di servizi al cittadino, il testo sembra ignorare due sentenze della Corte costituzionale. Questa, infatti, da un lato assegna agli “ambiti della funzione normativa statale” la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni a tutela del carattere unitario del sistema istruzione (n. 299/2005). Tutela per cui non è sufficiente il livello locale, sebbene vada poi garantita con il pieno coinvolgimento di Enti locali e Regioni nel contesto di ogni specifica realtà. Dall’altro la Corte pone come condizione prioritaria la presenza in tutte le Regioni di un apparato istituzionale idoneo a svolgere funzioni amministrative e di servizio pubblico, secondo i tempi e i modi necessari ad evitare soluzioni di continuità nel servizio (n. 13/2004).

Il rischio è che accada per l’istruzione lo stesso che è accaduto con il “diritto alla salute”: dove ci sono risorse economiche, buoni amministratori locali e il rispetto dei cittadini che pagano le tasse, la gestione della sanità si manifesta anche con punte di eccellenza, dove invece tali presupposti non esistono vi è una palese violazione dei diritti dei cittadini. Senza contare le ben note conseguenze sulla spesa pubblica.

Il sospetto è che il ministro dell’Istruzione voglia contrabbandare per spending review il taglio indiscriminato di uffici, servizi e posti di lavoro, incidendo negativamente su un diritto costituzionalmente garantito come quello dell’istruzione con evidenti conseguenze “politiche” sulla qualità della vita dei cittadini che non dovrebbero essere di competenza di un governo tecnico non eletto dagli italiani, senza nulla toccare in materia di consulenze esterne, affitti, esternalizzazioni di servizi, contratti esterni e quant’altro rappresenta, spesso, fonte di clientele e malcostume, come più volte denunciato dalla Corte dei conti.

Infine, ma non da ultimo, resta da conoscere quale soluzione legislativa, amministrativa e contrattuale l’Amministrazione e lo Stato prefigurino a tutela di 5.000 dipendenti dell’Amministrazione scolastica che, sul territorio, concretando il principio costituzionale della “sussidiarietà”, tuttora supportano 10.000 istituzioni scolastiche autonome, tuttora filtrano le problematiche di un milione di lavoratori della Scuola, tuttora ascoltano, esaminano e risolvono le più diverse questioni sollevate dai genitori di 8 milioni di studenti.

Questi lavoratori sono oggi da considerare materiale da rottamare?

In questi giorni il Governo ha presentato alle parti sociali la “manovra” sulla spending review con l’unica certezza di ulteriori tagli lineari e fumosi cenni all’attuazione di processi di mobilità obbligatoria e prepensionamenti in caso di accertate situazioni di esubero. Il consueto accanimento contro una categoria di lavoratori che ha già visto, negli ultimi cinque anni, calare il potere d’acquisto delle proprie retribuzioni del 30%, mentre non verrebbero toccate, di nuovo, le spese per consulenze (più di due miliardi e mezzo l’anno), ridotte di un irrisorio 20%.

In questo quadro, per difendere i diritti dei lavoratori pubblici e l’interesse della cittadinanza per una pubblica amministrazione efficiente e di qualità, le RSU della Direzione Generale e degli Ambiti territoriali provinciali dell’Ufficio Scolastico Regionale per le Marche confermano lo stato di agitazione, già proclamato il 22 giugno scorso, invitando tutti i lavoratori a svolgere le proprie attività entro l’orario di lavoro ordinario e a pretendere il rispetto di quanto previsto dal CCNL di Comparto e dal CCNI di Ministero per quanto riguarda ferie e permessi”.

Firmato le Rsu, direzione generale e degli Ambiti territoriali provinciali dell’Ufficio Scolastico regionale per le Marche

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