di Redazione
8 agosto 2012
di Stefano Giampaoli *
La notte del 29 agosto 1908 si tenne una grande festa di beneficenza agli Orti Giuli. Questo angolo di “verde storico” di Pesaro venne realizzato sul bastione del Carmine, fra il 1827 ed il 1830, dal gonfaloniere Francesco Cassi in onore del cugino Giulio Perticari, letterato di fama nazionale. Questo scrittore pesarese, intorno al 1820 si era impegnato nella grande discussione sulla lingua italiana e, proponendone una versione “aligheriana”, rifiutava i dialetti locali. Odoardo Giansanti immagina di avere un dialogo con il conte Giulio Perticari rappresentato da un suo busto posto sulla sommità degli Orti. “Oh, sor Giuli, buonasera, Guardè un po’ che bela schiera D’ personagg ch’ ve stà dintorne” (Oh, signor Giulio, buonasera, Guardi un po’ che bel gruppo, Di personaggi che vi sta intorno). I migliori del momento sono venuti a festeggiarvi, dopo tanti anni che state qui “impietrid e discorded” (impietrito e dimenticato), dopo che avete tanto faticato, con la penna ed il talento, per istruire tanta gente.
Hanno voltato le spalle alla vostra gran dottrina e, ora che vi hanno abbandonato, stanno trionfando altri percorsi letterali. Il nostro Odoardo si figura di sentire la risposta di Giulio Perticari: “Oh, oooh! Cos’è qui questo fracasso? Presto, uscite, andate a spasso! Chi vi insegna a disturbare La mia quiete e poi scocciare Gli stivali a me a quest’ora? E tu vanne alla bonora Pasqualon di magra razza, Non far qui il buffon, va in piazza!”. Pasqualon di rimando: “Mo scusem, a v’ mand pardon, Mè en so’ vnud par fè el buffon” (Ma scusatemi, vi chiedo scusa, io non sono venuto per fare il buffone). Del resto non sono in compagnia di gente tanto ignorante (“Questi i è tutti tant e quant”) e non vi guastano la pace. Personalmente sono venuto quassù, se non vi dispiace, per farvi onore. L’ ho fatto per il bene di quei bambini, per non farli crescere come i rospi. La festa notturna, è bene ricordare, era stata organizzata a beneficio del “Pro-Infantia” e della “Società Operaia Femminile di Mutuo Soccorso”. Poi il poeta prosegue descrivendo una situazione di sfruttamento del lavoro minorile e di una ignoranza dilagante causata da padri rozzi e madri spensierate. “E i por fioi cum i à da vnì? S’en cerchem nò d’aiudei Chi è ch’i penserà educhei?” (E i poveri figli come devono crescere? Se non cerchiamo noi di aiutarli Chi penserà ad educarli?). Spera che la sua poesia, se ben venduta attraverso i fogli volanti, possa contribuire alla raccolta dei fondi di beneficenza. Si rivolge di nuovo al busto di Giulio Perticari: “E par quest mè a v‘ dagh intant La mi rùstiga poesia” (E per questo io vi do intanto La mia rustica – poco socievole poesia). Perché noi non siamo di quei testoni che vogliono avere sempre ragione, rivoltandola come a loro pare; a noi piace di vedere chiaro “Benché a sim tutt dò in tel scur” (Benché siamo tutti e due nello scuro).
*Con il titolo “Pesaro, la nostra storia attraverso Pasqualon” verrà pubblicato un libro che sarà un compendio narrativo delle opere di Odoardo Giansanti. Le radici della Pesaro moderna che conosciamo affondano negli anni che stanno tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento. Il poeta dialettale Odoardo Giansanti (Pesaro 1852 – 1932) ne è stato ironico cantore ma anche fedele cronista.
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