di Redazione
8 settembre 2012
di Stefano Giampaoli *
Quello della “Fiera di San Nicola” è uno dei temi cari al Giansanti. Lo tratta in quattro sue poesie. Con quella intitolata “I tormenti della fiera” mette in versi lo stato d’animo degli uomini che sono stretti fra le richieste di regalo dei figli e delle mogli. “E’ artorneda d’ novament La giorneda del turment” (E’ tornata nuovamente la giornata del tormento). Quei genitori che si trovassero ad avere tre o quattro “sprecapen” (sprecapane) non avrebbero più un’ora di tranquillità.
Questi bambini, dalla sera alla mattina, non fanno altro che fare dannare. Specialmente nel giorno di fiera: “Chi vo’ el ciufle o la trumbtena Chi el cariol chi la pupena El caval la bicicletta La caroza la caretta La padlena el caldaren” (Chi vuole lo zufolo o la trombetta Chi il carriolo chi la bambola Il cavallo la bicicletta La carrozza la carretta La padellina la caldaia). Se poi il babbo non ha i soldi, non deve proprio farsi vedere perché altrimenti verrebbe assalito. Questi sono i guadagni che ha il povero padre nel giorno della fiera. Anche sua moglie sospira di ricevere un regalo: un corpetto, una sottana, un fazzoletto. Se lui non può permetterselo, lei gli urla: “Co’, t’avriss el coraciac Manca st’ann d’ paghem un strac … En t’ me dà manch quel ch’ me bsogna? (Come, avresti il coraggio Nemmeno quest’anno di pagarmi uno straccio … Non mi dai nemmeno quello di cui ho bisogno?). Poi lo minaccia di stare attento, se non verrà accontentata, dovrà vederne delle belle. Il marito l’ascolta per un pezzo e, quando si è stufato, corre a prendere il matterello (el schiador). Le giovani fidanzate, invece, sono molto languide ed accattivanti nei confronti dei morosi. Non chiedono regali ma un grande amore ed un matrimonio. Così i loro innamorati: “I va fè magara i buff Par cumprei cle ciuflarì” (Vanno a fare magari i debiti Per comprare loro quei regali di poco valore). Tutto questo mentre le loro scarpe sono rotte e i loro stomaci hanno fame. Meglio di tutti se la cavano i contadini, che sanno risparmiare e spendono i loro soldi solo in grandi occasioni, come quelle della fiera. Per esempio, “Tugnen” (il contadinello ignorante e presuntuoso per antonomasia) “ma la su bela” (alla sua bella) comprerà un ombrello, oppure un anello o un fazzoletto con tre o quattro saponette. Non saponette qualsiasi: “Propriament quelli d’odor E po’ dop el va in amor” (Proprio quelle profumate E dopo va in amore).
*Con il titolo “Pesaro, la nostra storia attraverso Pasqualon” verrà pubblicato, per il prossimo Natale, un libro-strenna. Sarà un compendio narrativo delle opere di Odoardo Giansanti. Le radici della Pesaro moderna che conosciamo affondano negli anni che stanno tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento. Il poeta dialettale Odoardo Giansanti (Pesaro 1852 – 1932) ne è stato ironico cantore ma anche fedele cronista.
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