Boom allarmi. Cna: “Non parlare di impiantisti di serie B”

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28 settembre 2012

PESARO – Il problema dei furti in casa, e delle sempre maggiori richieste di installazione di sistemi di allarme per sventarli, è una questione che coinvolge non solo aspetti di natura tecnica ma anche di ordine sociale sui quali si impone una seria riflessione. L’aumento di una diffusa percezione di insicurezza e di allarme sociale determinata dalla rapida ascesa del numero di furti ha fortemente accresciuto anche il sacrosanto diritto a difendere la proprietà. E difenderla, la maggior parte delle volte, non significa proteggere chissà quali patrimoni o ricchezze ma inviolabili spazi, spesso rappresentati solo dalla propria casa, dal proprio laboratorio o negozio.

Antifurto sistema antifurto casa

Sulla questione interviene l’Unione Impiantisti della Cna di Pesaro e Urbino attraverso il presidente provinciale Francesco Zolfanelli: “Chi parla in maniera corporativa di soggetti deputati ad installare tali sistemi, sbaglia su più fronti. Primo. Non esistono categorie di imprese certificate per svolgere solo ed esclusivamente questo mestiere. Secondo: definire sprezzantemente “comuni elettricisti” come delle persone non in grado di installare correttamente impianti di sicurezza o, peggio, professionisti che “non saprebbero nemmeno dove mettere le mani”, è scorretto da un punto di vista deontologico e falso anche da un punto di vista oggettivo. Terzo la bontà di un impianto di sicurezza non è sempre direttamente proporzionale al suo costo o, peggio, alla parcella del suo installatore”.

Aggiunge Fausto Baldarelli, responsabile di Cna Unione Impiantisti: “Non ci sono installatori di serie A o di serie B, ma imprese regolarmente iscritte alla Camera di Commercio che possono vantare più o meno anni di esperienza nel settore e che sono abituate ad aggiornarsi anche attraverso puntuali seminari di aggiornamento che organizzano le associazioni di categoria. Molti di quelli che qualcuno definisce dei “comuni elettricisti” hanno installato in questi anni un gran numero di impianti a regola d’arte per imprese, privati, enti pubblici. Ognuno risponde non a una presunta classificazione corporativa, ma esclusivamente alla propria professionalità, competenza e rispetto di regole e norme”.

Altro problema è invece rappresentato dal lavoro praticato da soggetti non autorizzati e in regola. Molto spesso di tratta di abusivi, dopo-lavoristi, hobbysti. “Questo sì che è un problema – dicono Zolfanelli e Baldarelli – e rappresenta il vero pericolo per i proprietari che in qualche caso sì si trovano spesso nelle mani di persone sprovvedute che non hanno né le competenze né i requisiti per poter installare certi tipi di impianti. Attività per di più sconosciute al fisco che danneggiano le imprese regolari e che non sono in grado di certificare e garantire nessun tipo di lavoro”.

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