27 ottobre 2012
PESARO – “Nuovi modelli e proposte per gestire lo sport in periodi di crisi”. Il convegno, anzi l’evento, organizzato dal Panathlon di Pesaro e dal Coni provinciale ha fornito un quadro chiaro della situazione e indicato anche qualche strada da seguire. Fermo restando che senza i soldi non si fa sport, e senza sport un paese finisce male.
Alberto Iaccarino, presidente del Panathlon, ha introdotto il tema. Chiedendo scusa alle persone che non abbiamo riconosciuto, notata la presenza dell’assessore allo Sport del Comune Enzo Belloni; di Barbara Rossi, presidente della Snoopy, che pure era attesa da una sveglia prima dell’alba per andare a Cagliari con la sua squadra impegnata nel campionato di serie B1 di pallavolo; di Roberto Esposito, presidente di Olimpia Sport’s School; di Leandro Leonardi, responsabile dell’area tecnica e organizzativa della Vis Pesaro; di Giancarlo Sorbini, presidente della Robur; di Norberto Crinelli, presidente del Baseball Club Pesaro; di Pino Mainieri, della Fondazione onlus per la Lotta contro l’infarto “Prof. E. Sgarbi”, attivissima nella promozione di nuovi modelli di vita basati anche sullo sport; di Alberico Miniucchi, consigliere della Lega Pallavolo Serie A Femminile e vice presidente della Robur; di Carlo Maria Valazzi, presidente di Pesaro Nuoto; di Maurizio Testaguzzi, dell’Ifi, sponsor della Victoria Libertas; di Alessandro Barbalich, ex direttore sportivo della Vuelle, oggi agente di importanti sportivi; di Alessandro Ariemma, presidente del Comitato Provinciale Uisp (Unione Italiana sport per Tutti); di Enrico Franci, responsabile dell’area marketing della Vuelle; di Alessandro Di Domenico, consigliere comunale del Pdl, sportivo praticante, tifosissimo della Robur.
Impegnato in altra sede il presidente Matteo Ricci, a fare gli onori di casa ci ha pensato l’assessore provinciale allo Sport, ma anche alle Politiche Giovanili, Massimo Seri, maratoneta e presidente del Panathlon fanese: “Ho visto e vedo la crisi nel territorio. Il suo impatto ha coinvolto tutto il mondo della produzione, e di conseguenza anche lo sport. Il governo ha sempre delegato alle istituzioni territoriali la politica sportiva, il problema è che ogni giorno taglia i fondi a disposizione di questi enti. Avendo un rapporto quotidiano con i dirigenti sportivi, la costante sono le difficoltà a portare avanti gli impegni. Ogni giorno una minaccia: vengo a consegnare le chiavi della mia società”.
Sicuramente interessanti le riflessioni del sindaco Luca Ceriscioli, appassionato di basket, pallavolo e sci, sportivo praticante: “Confermo che è un momento sempre più difficile per le attività sportive. Le società non riescono a trovare risorse e a quadrare i conti. Ogni tanto, però, arrivano anche belle notizie: è di oggi (sabato; ndr) la novità che la squadra di rugby che rappresenta la nostra città ha trovato lo sponsor principale”.
In sala è presente anche Franco Arceci, il portavoce del sindaco che per tutta l’estate, e non solo, si è impegnato a trovare soluzioni ai problemi delle principali società sportive cittadine. Il sindaco racconta che quasi sempre la risposta degli imprenditori contattati è la stessa: “Mi piacerebbe per la passione che ho, ma non posso con i lavoratori in cassa integrazione”. In questi casi è difficile non comprendere le ragioni di chi non può aiutare lo sport, un mondo che non riceve segnali di attenzione; mai una riga in una Legge Finanziaria. E neppure sulla defiscalizzazione. Nulla di nulla per i professionisti e per i dilettanti. L’esperienza mi dice che pochissimi traggono reale vantaggio mettendo il nome della propria azienda sulle maglie di una squadra. E’ più un’immagine locale, perché il Moloch calcio toglie a tutti gli altri, anche alle discipline più spettacolari. Eppure noi vediamo quanto sia importante lo sport a livello sociale. Ci sono società che pagano le quote delle famiglie in difficoltà”.
Alberto Paccapelo, presidente del Coni provinciale, che come gli altri sarà presto cancellato, esordisce citando i dati Censis sullo sport in Italia : “In 34 milioni praticano sport e attività fisiche, le società sportive sono 95.000. Il turismo sportivo muove 8 miliardi di fatturato, ma lo sport non riceve attenzione. In Finlandia, il 96% dei cittadini fa attività sportiva, ma è lo Stato che finanzia. In Italia la situazione è sempre più difficile. E il pericolo immediato è la fuga dei dirigenti, quasi sempre volontari, nel mirino dei controlli di Finanza, Siae, Agenzia Entrate. Serve un intervento legislativo nazionale”.
Iaccarino interviene per sottolineare, giustamente, “l’importanza che ha lo sport per il Pil (prodotto interno lordo) italiano e per consentire un importante risparmio nel settore sanitario nazionale”.
Il professor Nicola Porro, docente universitario all’ateneo di Cassino e del Lazio Meridionale, che spiega con grande efficacia “I modelli sportivi continentali”: “Ritengo molto importante il riferimento Iaccarino sul risparmio indotto dallo sport. Definito che lo sport è un bene meritorio, ci sono diverse forme di finanziamento: c’è quello diretto dello Stato (paesi nordici), ma anche quello delle politiche dirette all’associazionismo (Francia). C’è una forma che mi sembra interessante e non finanzia direttamente soggetti organizzativi e nemmeno attività di tipo sportivo, ma campagne (area anglosassone anni ’70), con bilancio controverso. Era definito Moving in action… Un gioco di parole, perché la frase parlata significava “una nazione in movimento”. Una promozione sportiva con finalità sanitarie. Un’esperienza simile è stata proposta in Alto Adige, mutuandola da “Germania in movimento”. Il territorio viene diviso in città campione, con un programma per la salute dei cittadini. Si devono perdere almeno 1000 calorie alla settimana con attività motorie, non con la dieta. Il finanziamento italiano è consistente. Si partiva da 490 milioni, poi ridotti, ma riproduce nel tempo tante ambiguità. La nostra cultura sportiva è dei campioni e dei tapascioni (chi prima corre e poi si abbuffa; ndr). Siamo un paese che sembra figlio dell’ex blocco orientale: l’80 per cento delle nostre medaglie è conquistato da atleti di società militari. La domanda è: che tipo di sport vogliano sostenere?”.
Anche la relazione dell’ingegneriovanni Palazzi, presidente a amministratore delegato della StStageUpl di Bologna, tra le imprese di riferimento a capitale italiano nella consulenza di direzione, ricerche, advisoring e formazione nei mercati dello sport, della cultura e dello spettacolo: “Siamo un paese di sedentari (il 40% deldella popolazione); peggio di noi c’è solo la Grecia. facciamo poco per premiare chi si impegna. I nostri dirigenti sono volontari, senza alcuna riconoscibilità. Invito i Comuni a premiare i volontari più longevi. Intanto lo Stato sta lasciando soli i Comuni. E si fa fatica a trovare sponsor. La previsione per il 2012? Ancora meno 5,.1%. E per la pubblicità sono le peggiori degli ultimi 20 anni. Solo calcio, Ferrari e Ducati non hanno riduzioni. Perdono solo l’inflazione. Per basket e volley il calo è superiore ed è un calo vistoso anche per lo sport di base. Come uscire dalla crisi? Con un capitalismo consapevole. Se il mondo non trova equilibrio, rischia di implodere. E’ emblematico il caso Nike, che ebbe un crollo di vendite quando si scoprì chi realizzava i suoi prodotti, quanto era pagato, in quali condizioni lavorava. Nike ha cambiato politica, applicando i valori etici alle sue attività. Non l’ha fatto per scelta, ma per imposizione derivante dalla nuova consapevolezza del consumatore. Lo sport è uno strumento importante per salute, educazione, ambiente, socialità e territorio. Ecco il territorio, le società di pallacanestro salvate dai Consorzi (come sappiamo bene a Pesaro; ndr). I territorio rappresenta la bandiera, la necessità di difenderla. Lo sport è un catalizzatore perché aiuta a fare conoscere il territorio in Italia e in Europa, se si partecipa a competizioni internazionale. Ma lo sport è anche motivo di grande aggregazione sociale, molto importante nei periodi di crisi. Negli anni della grande depressione americana, tennero i botteghini delle squadre di baseball in cui la comunità si riconosceva. E i sindaci designati dal Cln (i Comitati di Liberazione Nazionale) subito dopo la seconda guerra mondiale tennero i primi incontri con le squadre più rappresentative della città e del territorio. Notevole anche la ricaduta economica secondo gli studi effettuati sulla Liga, il campionato spagnolo di calcio. Tutte le squadre aiutano l’economia cittadina e ovviamente il massimo sono il Barcellona e il Real Madrid”.
Il dottor Carlo Di Cicco, responsabile dell’area Progetti e fundraising di Lila (Lega Italiana per la Lotta contro l’Aids) ha illustrato i “Modelli di raccolta fondi: lo sport una buona occasione”: “Il mio è un settore no profit, non conosco lo sport. La raccolta fondi è estremamente importante in Lila. Sono lieto che in sala sia presente un rappresentante della Fondazione onlus per la Lotta contro l’infarto “Prof. E. Sgarbi”. In Italia la coperta è corta e noi cerchiamo soldi in Europa, persino in Oriente, dove si stanno spostando i capitali. Un nuovo mezzo è la crowdfunding (gruppi di persone che utilizzano il proprio denaro in comune per sostenere gli sforzi di singoli o di organizzazioni”.
Un esempio tangibile l’ha fornito il professor Marcello Zeppa, raccontando di avere ricevuto una email direttamente da Barack Obama che invitava gli iscritti alla mailing list che ricevono le sue lettere a versare almeno 5 dollari per aiutare la sua campagna elettorale. “Le società sportive devono pensare a nuove strategie, a fare rete”. Peccato che a Pesaro la proposta di aiutare la Vuelle nel momento più difficile della sua storia abbia raccolto poco più di diecimila euro.
Le conclusioni della lunga interessante serata sono state affidate a Enrico Prandi, ex presidente di Legabasket, ma anche del Panathlon nazionale: “Lo sport si è finanziato con i mecenati e con i fallimenti. Essere presidente di una società sportiva dà notorietà, ma anche guai se lo sport è vissuto come una compagno utile per fare gli affari propri. I fallimenti sono la conseguenza. Anche se poi ricadono su atleti, fornitori e comunità. Lo sport italiano non si fa a scuola, nelle università, ma nelle società sportive. La società sportiva è un un bene comune, un patrimonio della città, e come tale deve esser salvato e preservato”.
Una piccola precisazione: i modelli di riferimento illustrati sono stati studiati per le società sportive di base, quelle che hanno operatività, tempi, bisogni specifici ben diversi da quelle professionistiche. E che provocano emozioni diverse…