Cantiere navale: bancarotta fraudolenta da 120 milioni

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9 novembre 2012

PESARO – I militari del nucleo di polizia tributaria di Pesaro, a conclusione di un’articolata attività investigativa durata oltre due anni, hanno apposto i “sigilli” a sei immobili e quattro veicoli, a Milano e Novara, di proprietà degli amministratori del Cantiere Navale di Pesaro, che attualmente vivono nel Principato di Monaco.

Guardia di Finanza

Finanza al lavoro

I provvedimenti di sequestro preventivo e probatorio, finalizzati alla confisca, come disposto dall’autorità giudiziaria, hanno colpito i predetti beni immobili e mobili registrati per un valore commerciale di 10 milioni di euro, in quanto gli amministratori del Cantiere Navale si sarebbero resi responsabili del reato di bancarotta fraudolenta e omesso versamento di Iva e Irpef.

La Guardia di Finanza fa sapere che le indagini sono scaturite a seguito della relazione, redatta nell’ambito della procedura di fallimento a carico della predetta società pesarese, e hanno consentito di mettere in luce un disegno preordinato allo “svuotamento” di quest’ultima da parte dei suoi amministratori. Infatti, l’esame della documentazione contabile ufficiale avrebbe permesso di accertare che il Cantiere Navale di Pesaro, per la costruzione di sei gasiere a favore di una società controllante di Novara, amministrata dalle stesse persone della controllata, non ha ricevuto la somma di oltre 19 milioni di euro, confluita nella disponibilità degli amministratori bancarottieri.

L’eseguita attività di polizia giudiziaria ha dato modo, inoltre, di rilevare ulteriori distrazioni perpetrate da questi ultimi, in danno del Cantiere Navale, per prestiti finanziari, a beneficio della società di Novara controllante, quantificati in oltre 10 milioni di euro, avvenuti senza alcuna giustificazione, né contabile né contrattuale.

L’ammontare dello stato passivo della fallita società pesarese si attesterebbe attualmente a più di 120 milioni di euro; la stessa, inoltre, per gli anni 2009 e 2010, non avrebbe effettuato i versamenti in materia di Iva e imposte dirette.

Gli interessati, in caso di condanna, rischiano una pena fino a 10 anni di reclusione.

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