La panchina dei Lakers a Mike D’Antoni

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12 novembre 2012

PESARO – Mike D’Antoni, un caro avversario del basket pesarese, è il nuovo allenatore dei Los Angeles Lakers; prende il posto di Mike Brown, licenziato pochi giorni fa.

Darren Daye contro Mike D'Antoni in uno Scavolini-Tracer del 1987-88

Dopo i trionfi italiani, i successi con i Phoenix Suns e la panchina dei Knicks, “Michelino”, come lo chiamavano affettuosamente i cronisti milanesi ai tempi dell’Olimpia, corona il sogno di ogni allenatore di basket: la panchina dei Lakers. Non è un compito facile, ma essere scelti e sentirsi definire dai proprietari, Jerry e Jim Buss, padre e figlio, e dal general manager Mitch Kupchak, ex compagno di squadra e caro amico di Joe Pace, ancora un mito a Pesaro, che “è il migliore allenatore per la nostra squadra, al momento”, è una grande carica di fiducia per D’Antoni, che sa bene che la prima scelta dei Lakers era Phil Jackson, il coach del triangolo, del Triple-Post Offense caro a Giampiero Ticchi, allenatore della Scavolini Banca Marche. Impossibile trovare un accordo, ha scritto Mike Bresnahan, giornalista del Los Angeles Times che è stato il primo a dare la notizia dell’ingaggio di Mike. A Bresnahan una fonte confidenziale ha confidato che “Phil Jackson chiedeva la luna”. Si parla di 15 milioni di dollari a stagione e la possibilità di scegliere il personale (Scottie Pippen quale assistente), ma anche di rinunciare a qualche trasferta. PJ è stato operato alle anche e ha problemi a muoversi. L’aspetto curioso è che la compagna di Phil Jackson è Jeanie Buss, figlia di Jerry e sorella di Jim. Ma i Lakers sono affidati a D’Antoni. In Italia non sarebbe possibile. Silvio Berlusconi presidente del Milan, impedì l’affare del secolo, la vendita di Pato al PSG di Leonardo e Ancelotti, che avrebbe pagato uno sproposito per acquistare un giocatore spesso rotto. “Fa parte della nostra famiglia” disse Berlusconi. Sì, Pato stava, o forse sta ancora, con Barbara Berlusconi. Vendendo il brasiliano, avrebbe potuto tenere Ibrahimović e Thiago Silva e continuare a lottare per lo scudetto. Gli affari di famiglia hanno impedito l’affare e adesso il Milan lotta per non retrocedere.

A Los Angeles hanno analizzato le richieste di genero o cognato e hanno detto no. Meglio dare 12 milioni di dollari per tre stagioni a Mike D’Antoni, che gode della stima di Steve Nash, che allenava a Phoenix, e soprattutto di Kobe Bryant. Dovete sapere che il numero 8 indossato per anno da Kobe, prima di passare all’attuale 24, era un omaggio al numero di Mike negli anni milanesi. D’Antoni era l’idolo del piccolo Bryant che seguiva il padre nelle stagioni italiane. Ora si ritrovano insieme in una storia che sta tanto di “American Dream”, di sogno americano. La domanda che si sono posti subito gli scettici è se i Lakers sono in grado di seguire la strada cara a “Michelino”, di lavorare bene in entrambe le parti del campo. Soprattutto come faranno ad attaccare con lunghi (Gasol, Howard, World Peace) che non amano tirare dalla distanza. Non sanno che Mike è coach e persona di grande intelligenza e troverà il modo di assecondare le qualità dei campioni a sua disposizione. Magari lavorando anche in difesa.

Per D’Antoni è l’ennesima sfida. In tanti dicevano che non avrebbe sfondato nella Nba. L’ha fatto. E ora guida una delle due squadre più amate: i Lakers. L’altra? Quella di Boston. Come reagiranno i tanti pesaresi che tifano Lakers nel vedere il grande rivale della Scavolini sulla panchina della squadra del cuore?

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