Storie di basket: Grazzini e le Future stars

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17 dicembre 2012

Metti una “banalissima” (ormai) connessione ad Internet, due chiacchiere quasi casuali via e-mail con una persona che sta dall’altra parte del mondo, un’unione di intenti e ti ritrovi a prendere un aereo per porre le basi di un’importante e formante collaborazione professionale.

Gabriele Grazzini

Se poi ad incontrarsi sono due persone che amano profondamente il proprio lavoro, ci si dedicano con passione e sacrificio, cercano sempre di fare e far fare un “passo avanti”, allora tutto sembra più semplice. L’allenatore di pallacanestro Gabriele Grazzini quest’anno si è ritrovato senza impegni professionali e allora ha scelto un percorso di “aggiornamento” che ha toccato anche gli Stati Uniti, nello specifico lo stato dell’Arizona e la nuova attività dell’ex giocatore, che peraltro ha lasciato un ottimo ricordo in Italia, Peter Ezugwu, ovvero la Future Stars International Enterprises, che offre una vera e propria “scuola di sport”, parallelamente all’impegno sociale garantito invece dalla Future Stars Global Foundation: «Dopo una bella stagione ad Omegna, sono rimasto senza squadra – dichiara coach Grazzini -. Ho schivato qualche “trappola”, ho scelto di non svendere la mia professionalità perché so che il mio duro lavoro e la mia storia meritano rispetto. Ho ancora la faccia giovane, ma anche dieci anni tra vivai e prime squadre di LegaDue e DNA, impreziositi da due Coppe Italia: non voglio calciarli via solo perché “c’è crisi”. Ho iniziato a girare i palazzetti di mezza Italia per rimanere aggiornato ed aspettare la mia chance. Già da tempo avevo sentito parlare della “Future Stars” ed a fine settembre, quasi per caso, ho scambiato due parole con Peter, persona che ho sempre apprezzato per l’atteggiamento positivo che aveva in campo. Da lì è nata l’idea di andare a vedere coi miei occhi come lavora. Mi ha ospitato a casa sua in Arizona, come se ci conoscessimo da sempre. L’ho seguito come un’ombra e sicuramente è nata un’amicizia che è destinata a sfociare in una partnership professionale molto appagante: amo l’idea di “sport” più “solidarietà” più “crescita personale”».

Che mondo (cestistico) ha trovato lì?

«Splendido, molto vicino alla mia natura competitiva e dai pochi fronzoli. Si potrebbe scrivere un libro, vista anche la mole di appunti che ho preso…  Prima di essere ospitato da Peter ho trascorso una settimana da solo a New York (il sogno di una vita), e l’ho attraversata in lungo ed in largo tra le sue università, con il mio bloc notes sempre in tasca. Cito qualche episodio che spieghi bene le mie sensazioni: ho assistito a diversi allenamenti della St. John’s University seduto accanto al leggendario coach Gene Keady che, peraltro, mi ha offerto snack e bibite come fossi un suo nipotino. Coach Lavin ed il preparatore Dixon non si sono mai risparmiati nel rispondere alle mie numerose domande. Addirittura Dixon durante un allenamento mi ha preso per mano e portato nel suo ufficio per darmi una “lezione privata” di un’ora con tanto di disegnini!

Un giorno ho visitato la Fairfield University, mi hanno lasciato assistere all’allenamento del mattino, ho pranzato con la squadra (di cui Sidney Johnson è capo allenatore e Tyson Wheeler un assistente, li ricordate?), e la sera mi hanno organizzato il viaggio andata-ritorno alla partita con l’autobus dei loro tifosi. Tutto questo nella settimana dei loro rispettivi esordi in campionato, quando la tensione raggiunge livelli altissimi».

Ma Grazzini non ha solo girato e “respirato” il basket altrui, ha anche “insegnato” il proprio, insieme a Peter Ezugwu. Qual è stato il primo impatto con i giovani cestisti americani e quali differenze le sono maggiormente balzate agli occhi rispetto ai nostri giovani, al loro approccio, atteggiamento…?

«Più di tutto, mi è piaciuto vedere in palestra persone di ogni età, a volte intere famiglie. I bambini di 8 anni si cimentano con canestri e palloni regolamentari e sono molto ricettivi nel sentirci parlare di pick and roll o difesa a zona. Vedeste poi come si “ammazzano di botte” senza battere ciglio… Forse in Italia ci facciamo troppe paranoie e ci creiamo troppi alibi: i ragazzi scoprono il “vero basket” troppo tardi e non ho ancora capito il perché. Una cosa poi mi ha messo davvero a mio agio: la disciplina. Peter punta molto sull’allenare la tecnica ma anche sul rispetto delle regole e dei compagni, c’è un clima di sana e genuina competizione. Nella sua academy i ragazzi imparano a stare insieme giocando a basket. Mi riconosco molto in questo. Sono poi riuscito a condurre interi allenamenti in americano e ne vado orgoglioso».

Ed Ezugwu è il primo a non risparmiarsi mai, proprio come faceva sul parquet. Qual è la sua giornata tipo?

«Nei quindici giorni in cui sono stato lì, non ha mai avuto una giornata uguale alle altre. Le uniche costanti sono svegliarsi molto presto, alle sei circa, per andare a fare pesi, e andare a dormire oltre l’una, dopo aver finito di rispondere a tutte le e-mail. Nel mezzo, una continua serie di attività e riunioni da rimanere storditi! Giusto per farvi capire, nel giro di un paio di giorni abbiamo fatto visita ad un paio di centri di assistenza per bisognosi, incontrato importanti media internazionali, fatto allenamenti nelle sue “academy”, parlato con il Sindaco di Phoenix, e tra una cosa e l’altra mi ha fatto conoscere Lance Blanks, GM dei Suns.

Al suo fianco, i primi veri collaboratori sono la moglie Stacy ed i loro figli, persone genuine che danno il loro forte contributo alla causa. Se poi avanza del tempo, ci sono sempre decine di telefonate, e-mails e chiamate Skype a cui rispondere…»

Ed il rapporto professionale tra i due è solo all’inizio. La “premiata ditta” Grazzini-Ezugwu, infatti, sta lavorando ad un progetto internazionale per giovani cestisti, che unirà gli Stati Uniti all’Italia. Qualcosa di simile Peter Ezugwu l’ha già fatta, quando due estati fa ha ospitato i giovani atleti dell’Assigeco Casalpusterlengo per un camp. Stavolta il progetto sarà di più ampio respiro e non si tratterà di solo basket. Il progetto verrà presentato prossimamente in Italia e, come dice coach Grazzini, “ne vedrete delle belle”. Occhi aperti ed orecchie tese, dunque, perché tra un po’ si parte!

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