Vujosevic: “Thomas migliore di quanto visto a Belgrado”

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29 dicembre 2012

PESARO – Presentandosi, raccontandosi, Torey Thomas, il nuovo playmaker biancorosso, ha detto che “l’avventura al Partizan è stata una cattiva scelta, che non sempre funziona tutto come si spera…”. In verità, anche Dule Vujosević, che l’ha portato a Belgrado sperando potesse aiutare i giovani “becchini” a crescere, ha avuto parole soft raccontando perché ha “tagliato” Thomas.

Del Moro con il nuovo play della VL

“La squadra aveva bisogno di freschezza. Penso, però, che Thomas sia un giocatore migliore di quanto ha potuto dimostrare con noi e io ritengo che possa fare meglio in altre squadre che nella mia. Mi sono chiesto che cosa c’era di sbagliato per lui nel mio sistema e ho concluso che che lui non era il solo problema, che ci sono altri giocatori che non hanno dato il loro meglio in alcune partite” ha dichiarato l’ex coach della Scavolini. Ci è sembrato giusto riportare queste parole per chiarire meglio il concetto espresso su Thomas. E Non dimentichiamo che, in passato, giocatori che non hanno avuto la giusta opportunità in un luogo, ne hanno trovate altre più importanti in un altro. L’esempio che ci piace citare è sempre quello di Mario Elie, che la Vuelle non volle per sostituire Darren Daye, preferendogli Henry James. Mario, che come Torey è di New York, che prima di allora aveva speso la sua carriera tra Irlanda, sì, vi sembrerà incredibile ma si gioca a basket anche nella verde Irlanda, Portogallo e Argentina, quando ha avuto fiducia da una franchigia Nba, ne ha ricavato tre titoli da assoluto protagonista. Ecco, l’augurio che facciamo a Torey è di imitare il concittadino.

Chiudiamo il discorso Thomas, sperando che lui ne apra un altro, interrotto lo scorso 14 ottobre: quello con la vittoria, che alla Vuelle manca da due mesi e mezzo. Un’eternità. Lui, Torey, quel giorno guardava la sua squadra, il Partizan, vincere con il Široki, formazione della Bosnia Herzegovina. Un giramondo, Thomas, che ha studiato e giocato a Holy Cross, a Worcester, Massachusetts, nel New England, college che non ha una tradizione invidiabile per la pallacanestro maschile, ma vanta – fra i suoi allievi – una delle leggende del basket mondiale. Bob Cousy, sei volte campione Nba con i Boston Celtics.

Che scuola è – dal punto di vista cestistico – Holy Cross?

“Si gioca con grande disciplina, con molti schemi, ma il mio allenatore mi lasciava spingere molto la palla in transizione… Il punto di forza del mio gioco sono l’energia, la difesa e fare di tutto per mettere la mia squadra nella condizione di vincere”. Ce ne sarà bisogno, qui a Pesaro. A proposito: cosa le ha detto coach Markovski… “Che aveva chiesto molte informazioni sul mio conto a chi mi ha conosciuto in Europa”.

Torey Thomas non poteva chiedere di meglio: l’esordio è nel derby. Una partita particolare che quest’anno, causa la classifica, diventa unica. Nelle risposte pubblicate ieri, il playmaker di White Plains ha dimostrato di avere imparato già il significato della parola “derby”. Durante la conferenza stampa glielo ha ricordato il presidente Franco Del Moro, che ha promesso di tagliare la barba dopo la terza vittoria. Spera, ardentemente, di concedersi alla lama subito dopo la sirena finale di domenica sera.

Per questo ha sollecitato i tifosi a essere vicini alla squadra, a incoraggiare i giocatori dal primo all’ultimo minuto…

“Sì, lo so che voi non staccate mai il piede dal gas del tifo, dell’entusiasmo – ha detto il presidente rivolgendosi ai presenti alla conferenza stampa di presentazione di Thomas – ma dovete contagiare anche i vostri vicini, quelli che seguono le partite praticamente in coma…”.

“Domenica preparate l’elmetto, si va in trincea…” ha concluso Del Moro. E una volta tanto dissentiamo dal suo linguaggio: d’accordo la passione, l’entusiasmo, l’amore per la propria squadra, ma una partita di basket è ancora un avvenimento sportivo, non una guerra. Ce ne sono già tante in giro per il mondo che anche una metafora è fuori luogo.

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