Volley, la scuola italiana è la migliore

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15 febbraio 2013

PESARO – I numeri non sono neutri, privi di anima. E’ un falso. Nei numeri c’è la vita, ci sono le storie, le contraddizioni, tutto (il bello) e il contrario.

La bella e brava Lise Van Hecke

Lise Van Hecke, la giovane belga che sta crescendo bene a Urbino (foto Andrea Ceccarini)

Fermatevi per un attimo e riflettete sulla storia recente, recentissima, della pallavolo italiana. Vi dice qualcosa il numero 4? Lo abbiamo scritto proprio ieri, riferendoci alle Final Four, alle Finali a quattro di Champions League. E abbiamo sottolineato che 4 è anche il numero degli allenatori italiani che saranno presenti a Istanbul.

Quattro, però, è anche il numero degli allenatori licenziati da altrettante squadre partecipanti al campionato di Serie A1: Alessio Simone, sostituito da Beltrami sulla panchina della Volley 2002 Bologna; Ettore Guidetti, rimpiazzato da Donato Radogna alla Chateau d’Ax Urbino; Gianni Caprara esonerato da Villa Cortese e Davide Mazzanti lasciato a piedi da Piacenza. A proposito di quest’ultima, appare improbabile l’arrivo di Angelo Vercesi, ex coach scudettato della Scavolini Robur Pesaro.

Dunque, sono saltate quattro delle dieci panchine. Il 40 per cento è un numero esagerato, soprattutto visti i tempi, la crisi economica, le difficoltà che hanno le squadre a fare quadrare i bilanci. E se Urbino ha fatto 6 al Superenalotto del volley, perché il bravissimo Donato Radogna ha cambiato la stagione delle ducali, siamo curiosi di verificare cosa accadrà a Villa Cortese, dove peraltro è rimasto il vice di Caprara, Chiappafreddo, come se gli assistenti non contassero niente e la colpa fosse tutta dei capi, e a Piacenza.

Detto, questo, però, sarebbe opportuno che la Lega Pallavolo Serie A Femminile, e più ancora la Fipav, cogliessero al volo la splendida “alzata” dei quattro coach alle Final Four. E’ evidente che soprattutto in un momento di crisi sia impossibile sostenere la concorrenza turca e azera, che le migliori giocatrici andranno dove la retribuzione è più adeguata. Eppure le nostre squadre hanno un vantaggio rispetto ad altri movimenti: qui si migliora. Grazie al lavoro degli allenatori italiani, alle qualità di una scuola che solo quella brasiliana può insidiare. Raccontava una giocatrice reduce da una stagione in Russia di avere quasi disimparato a giocare. Colpa di tecnici e di allenamenti di scarso valore.

Al contrario, i giovani talenti che crescono ovunque possono essere ancora attirati dalla pallavolo italiana; qui possono crescere e migliorare, prima di andare a capitalizzare dove i soldi spuntano come funghi.

“Un’altra spinta – sottolinea il professor Luciano Pedullà – arriva dall’entusiasmo che si respira attorno alle nostre squadre. Il pubblico c’è. Servono dirigenti oculati. Si può fare bene anche con squadre giovani, non necessariamente tutte italiane. Villa Cortese, che propongono giovani interessanti in un contesto in cui si può crescere bene. I nostri tecnici hanno le capacità per riportare il movimento pallavolisti femminile ad alto livello, competendo con Russia, Turchia e Azerbaigian che pure hanno un notevole potenziale economico. Se riusciremo a programmare con intelligenza, potremo diventare la nuova Serbia. Grazie a chi è all’estero, ma anche a chi lavora in Italia, ai Lavarini, ai Pistola, ai Gaspari che hanno reso la serie A1 equilibrata, come non accadeva neppure nei momenti d’oro. Purtroppo, però, i dirigenti ignorano la questione tecnica delle proprie squadre, non si aggiornano, conoscono poco le atlete”. Non è una novità che a un dirigente al quale è stata proposta Pisani, la giovane centrale dell’Unendo Yamamay, abbia risposto più o meno così: “Chi è? Dove gioca?”.

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