di Redazione
7 marzo 2013
di Simona Ricci*
PESARO – Poche ore dopo la mia elezione, l’8 marzo 2011, un giornalista mi fece questa domanda: “Ma secondo lei, come mai, nel momento in cui la popolarità dei sindacati è in calo e si dice che siano poco rappresentativi, chiamano proprio le donne a dirigerli?”. Domanda un po’ “insidiosa” devo ammettere. Pensando io che l’ironia, non i comici, salverà il mondo, risposi che proprio nei momenti più difficili, nella vita pubblica come nella vita privata, le donne sono capaci di dare il meglio di sé e ci si accorge della loro esistenza, a volte quando è troppo tardi. Ci voleva un terremoto politico e istituzionale (per fortuna di tsunami nel Mediterraneo ancora non ce ne sono stati) come quello che l’esito elettorale ci ha consegnato per portare in parlamento la percentuale di donne elette più alta della storia della Repubblica. Ci voleva una crisi economica e sociale gravissima per accorgersi che in questo Paese poco o nulla è stato fatto per sostenere l’occupazione femminile (meno della metà delle donne italiane lavorano), nonostante le donne continuino ad essere più colte e più istruite dei maschi. Ci voleva la forza delle parole delle donne, la loro capacità di farne nascere di nuove, come la parola “femminicidio” per fare luce su quella strage silenziosa di donne (ne muore una ogni 3 giorni in questo Paese) che si consuma tra le mura domestiche, per mano di mariti, compagni, parenti.
Nell’era del “turpiloquio libero” e de “l’immagine è tutto” ci volevano i femminismi, plurali, sì, perché siamo tante, in molti luoghi, con molti e potenti linguaggi, per accorgersi che l’utilizzo che si è fatto del corpo delle donne nei mass media, nella pubblicità, ha contribuito enormemente a diffondere modelli femminili attorno ai quali crescono vecchi e nuovi sessismi, vecchi e nuovi razzismi, vecchi e nuovi fascismi.
Ed è forse questo sguardo lungo sulla vita che ci appartiene e del quale andiamo orgogliose che ci porta a contrastare ogni disegno che ci vuole relegare ad “angeli del focolare”, contro chi pensa ancora che il lavoro domestico sia prerogativa esclusivamente femminile, contro chi pensa che siccome, a causa della crisi, le famiglie non portano più i propri figli al nido o alle scuole d’infanzia sia giusto ridurre i posti pubblici nei servizi educativi, piuttosto che i posti nelle residenze protette per anziani non autosufficienti, tanto a casa qualcuno se ne occuperà, come ha sempre fatto. Sono convinta che la forza generatrice, nel senso proprio di creatrice, delle parole delle donne saprà farsi sentire, saprà farsi ascoltare, nei tempi difficili che ci aspettano.
*Segretaria generale Cgil Pesaro e Urbino
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