di Redazione
9 marzo 2013
PESARO – In un articolo pubblicato nei giorni scorsi la Cgil denunciava ancora una volta a tutto campo la situazione dei consultori per la salute delle donne, la mancanza di medici non obiettori nei nosocomi di Fano e Jesi e il mancato utilizzo della cosiddetta pillola abortiva RU 486. Una posizione di denuncia a favore delle donne. In risposta a questo sono giunte critiche molto pesanti. Da un lato il settimanale Nuovo Amico che cosi ha titolato un suo articolo: “Aborti? Per il sindacato sono troppo pochi”. Ma non basta. Il consigliere Pdl fanese Andrea Montalbini ha scritto parole offensive indirizzate direttamente alla segretaria generale della provinciale.
Di seguito la replica di Simona Ricci:
“La violenza verbale e la manipolazione della realtà e delle parole contenuta nei comunicati del consigliere comunale del Pdl di Fano e del giornale “Nuovo Amico” raccontano meglio di qualsiasi analisi sociologica quanto sia ancora lunga la strada in questo paese sulla laicità delle istituzioni pubbliche. E ancor una volta il corpo delle donne è terreno di scontro ideologico da buia notte dei tempi.
Di più: il “Nuovo Amico”, pur riportando le legittime posizioni di chi ha un’altra visione su queste tematiche, in quel titolo manipola pro domo sua l’affermazione da me fatta nel comunicato sul fatto che dal 1982 ad oggi le Ivg nelle Marche, come nel resto del paese, sono dimezzate presentandola come se si auspicassero più aborti (solo a dirlo io sì, rabbrividisco) e non, invece, come ogni persona di buon senso può affermare, come la prova che la legge e soprattutto la cultura della prevenzione e della contraccezione, proprio quella che qualcuno vorrebbe contrastare, ha prodotto i risultati che si prefiggeva.
Il consigliere Montalbini, al contrario, si lancia in una filippica ideologica, piena di domande tanto violente quanto retoriche, parla di “cultura della morte” ignorando completamente quanto dolore e quanta sofferenza ci siano in quei vissuti. A riprova del fatto che c’è ancora purtroppo una specie maschile priva di argomenti che non siano quelli che derivano dall’ignoranza delle cose della vita, la vita vera, quella vissuta con passione, dedizione, rispetto, ascolto, capacità di comprendere. Poi ci chiediamo perchè questo paese stia facendo degli enormi passi indietro in tema di diritti civili e di diritti delle donne. E non lo dico io, lo dicono le statistiche e tutti i raffronti possibili immaginabili. Una per tutte: il World Economic Forum, nell’annuale classifica sul World Genderpolitiche e civili ci colloca nel 2011 all’80° posto nel mondo, precipitiamo di ben 15 posizioni in appena 3 anni, siamo superati da paesi come il Bangladesh, il Ghana, il Perù. Paesi come la Francia, la Gran Bretagna e la Germania si posizionano tra l’11° e il 16° posto. Per il dirittio alla salute per le donne questo nostro malandato paese è al 75° posto nel mondo.
Ma torniamo al nostro territorio e alla cultura della prevenzione: dove erano tutti coloro che oggi si riempiono la bocca di cultura della prevenzione quando noi denunciavamo, come giustamente denunciamo ancora e non ci stancheremo mai di farlo, che le Marche sono state l’unica regione in Italia che in occasione del Primo Rapporto Nazionale del Ministero della Salute sullo stato dei consultori pubblici, a 35 anni dalla loro istituzione, nel 2010, a non fornire nessun dato e nessuna elaborazione sulla condizione dei 71 consultori formalmente operanti nella regione?
E perchè difendiamo i consultori pubblici? Perchè nella legge istitutiva, la 405/75, leggiamo:
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essi sono i luoghi dove si deve diffondere la cultura della procreazione responsabile nel rispetto delle convinzioni etiche (ma guarda un po’, si parla di rispetto delle convinzioni etiche…) e dell’integrità fisica degli utenti.
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devono fornire l’assistenza psicologica e sociale per la maternità e la paternità responsabile, la tutela della salute della donna, la divulgazione delle informazioni idonee a promuovere ovvero a prevenire la gravidanza, consigliano i metodi e i farmaci adatti a ciascun caso. I farmaci, appunto.
Questa Regione è salita “agli onori” delle cronache nazionali per i casi dell’Ospedale di Fano e di Jesi ed è stata l’unica regione a non aver fornito i dati al Ministero, ed è a tutt’oggi l’unica che non mette le donne nelle condizioni di poter utilizzare la RU 486.
I numeri sono implacabili. Attendiamo con ansia una risposta dalla nostra azienda ospedaliera, dall’Asur e dalla Regione. Sono convinta che sulla cultura e sul rispetto della vita le donne, tutte le donne, di ogni credo e convinzione politica, abbiano molto da insegnare a tanti”.
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