di Redazione
20 marzo 2013
PESARO – Nella giornata mondiale della felicità promossa dalle Nazioni Unite, per Matteo Ricci, «a maggior ragione in un momento di difficoltà come quello attuale», è giusto interrogarsi sul tema. E il presidente della Provincia, invitato dal Marconi, lo fa in modo informale con i ragazzi del liceo scientifico. Non una lezione astratta, da professori.
Piuttosto un dialogo: «La ricerca della felicità è un percorso di certo personale, soggettivo. Ma non legato all’egoismo. E penso che ci sia anche una parte, magari minoritaria, che scaturisce dalle scelte pubbliche. Io la vedo così: “Sto bene se anche gli altri stanno un po’ meglio”». E i tempi sono decisivi: «Siamo alla fine di un ciclo, in primis culturale. Il modello che per anni si è retto sull’individualismo esasperato, dominante dagli anni ’80, rappresentato da Muccino nel film “La ricerca della felicità”, è finito. Si è infranto contro la realtà. Dicevano: “Uno su mille ce la fa”: ma gli altri 999? In America almeno c’è stato spazio per il merito, in Italia abbiamo esportato solo la versione peggiore. Costruita su furbizia, onestà, disimpegno, apparenza, denaro. Per questo occorre ripensare un nuovo modello di sviluppo». Ed è il momento di cambiare, «rimettendo al centro valori come il lavoro. Perché senza occupazione non c’è dignità umana. E manca il senso di appartenenza alla comunità». Ancora: «Se le istituzioni non si occupano anche di questi temi, non c’è futuro. E’ un ragionamento rischioso. Ma intorno a questi concetti c’è lo spazio per ridare dignità alla politica e alla dimensione pubblica». C’è la sperimentazione pilota condotta nel territorio con l’Istat, per la misurazione dei “nuovi indicatori Bes”. Il benessere equo e sostenibile, che va oltre il Pil, «pur considerato fondamentale». Ricci: «Il Bes non va confuso con la decrescita: di quella ne vediamo già abbastanza in giro e alimenta infelicità». Tuttavia il Pil non misura tutto: «Lo diceva già Bob Kennedy. Pensiamo ai livelli di disuguaglianza, alla sostenibilità ambientale, all’aspettativa di vita, alla sicurezza. Nel nostro territorio vogliamo costruire il futuro misurando questi nuovi indicatori. In modo da avere un riferimento negli anni, un riscontro sulla strada che abbiamo preso. E, se serve, modificarla». Esempi: «Il parco Miralfiore in termini di Pil equivale ai costi di realizzazione e manutenzione: ma in termini di benessere? Lo stesso vale per la pista ciclabile tra Pesaro e Fano in riva al mare. E per altri spazi analoghi». Il tema stimola reazioni, proposte. Voci dalle nuove generazioni: «C’è bisogno di ritornare ai valori essenziali. Quelli che nel Dopoguerra hanno contribuito alla ricostruzione della comunità»; «Vivere in un Paese depresso incide negativamente; «Il profitto non è la spinta verso la felicità, che non si può ottenere se chi è intorno ti impedisce di perseguirla»; «Occorre una base di fondo comune a tutti, le grandi utopie del ‘900 su questo hanno fallito»; «I politici prima hanno ricercato la loro felicità, poi hanno fatto i loro interessi». Per il presidente, «sia il capitalismo che il comunismo si sono scontrati sempre sul Pil, che è rimasto per anni l’unica regola del gioco. Ma quel mondo è finito e ci ritroviamo ancora con le stesse regole. Ma così non si cambia il modello di sviluppo». Non solo: «C’è bisogno del ricambio della classe dirigente e dei rappresentanti, ma serve un cambio di passo anche nell’atteggiamento di chi conferisce rappresentanza. E il tema è utile perché stimola riflessioni». Per qualcuno in sala, corpo docente compreso, «c’è sorpresa se un politico fa questi discorsi». Il presidente osserva: «Parliamo di bene comune, anche se i termini sono diversi». Gli stimoli arrivano, «le analisi dei giovani sono profonde». A Ricci stare con i ragazzi piace e non lo nasconde. Così rilancia in formato “2.0”: «Proseguiremo il nostro dialogo su facebook» Ma prima di salutare, sprona: «Coltivate i vostri sogni. Nella felicità c’è un pezzo di speranza. Ed è la molla che muove l’umanità. Potete essere protagonisti del cambiamento, contro il disimpegno». |
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