URBINO2020: la politica deve andare a braccetto con innovazioni e buone pratiche

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8 aprile 2013

URBINO – 420 ingressi unici e punte di 300 persone sabato scorso al Teatro Sanzio con Urbino2020. Live streaming, pilole video e diretta Twitter insieme al calore del contatto vero. Numeri e organizzazione da grande evento per l’idea-progetto nata da un gruppo di urbinati provenienti dall’amministrazione comunale, dalla società civile e dal mondo dell’associazionismo decisi a scuotere la cittadina ducale dal torpore che ormai da troppo tempo vi regna.

E’ stato il primo appuntamento di una lunga serie. Oltre ai numeri anche l’intensità della partecipazione parla di un successo.

Tantissimi interventi, di giovani e meno giovani, di politici, imprenditori, intellettuali, tutti all’insegna delle ‘buone pratiche’ che anche a Urbino possono essere realizzate e perseguite. Basta volerlo. Questo il ‘motto’. Ribadito da tutti coloro che, di cinque minuti in cinque minuti, si sono dati il cambio sul palcoscenico del teatro, a partire dallo stesso Federico Scaramucci, una delle anime dell’evento: “Cominciamo un percorso nuovo, fatto di confronto e partecipazione. Le cose cambiano solo se lo vogliamo.” Ha esordito, mentre sullo schermo gigante montato sul palco scorrevano le immagini di scorci di Urbino, di luoghi, di volti, di storia e di degrado.

C’è stato l’intervento del sindaco di Senigallia, Maurizio Mangialardi, che nel suo comune ha fatto approvare un piano regolatore innovativo che prevede il divieto di costruzione su zone intonse, o l’Open Municipio, per cui la situazione economico-finanziaria degli eletti è sul sito del comune e i cittadini possono interagire con essi. Stefano Epifani, docente universitario, ha spronato la pubblica amministrazione a innovarsi in senso tecnologico smettendola di vivere l’informatica come un obiettivo lontano e arduo, ma considerandolo processo necessario per mettersi al passo con i tempi. Tutti stimoli agli amministratori locali, seduti in prima fila al Teatro Sanzio. Sono arrivate anche provocazioni. Come quella di Flavio Orazio, geologo, che ha auspicato la Ztl in tutto il centro storico e un maggior dibattito sul tema dei rifiuti e sull’ampliamento della discarica di Ca’ Lucio a cui ancora non è stata riservata la giusta attenzione nel pubblico dibattito. Paolo Ceccarelli, docente universitario che sta curando il Piano Strategico di Urbino, ha spostato il dibattito sulla deriva sociale di Urbino, dove, ormai da troppo tempo l’università e gli enti pubblici hanno sostituito le abitazioni e le istanze dei privati cittadini, quindi delle risorse, anche imprenditoriali, della città. E, soprattutto, dei giovani che devono tornare assolutamente ad essere protagonisti. Bisogna cambiare direzione perché il sistema non regge più, questo il suo messaggio. E cominciare a farlo utilizzando le idee emerse da Urbino2020 anche nel Piano Strategico Comunale che sarà approvato tra pochi mesi. L’intervento di Federico Savini, ex-studente della Carlo Bo ed ora urbanista dell’Università di Amsterdam, ha portato l’attenzione del folto pubblico sulla necessità di progettare. Non basta la manutenzione, ha detto, Urbino deve pensare al proprio futuro. Sulla centralità dei giovani anche gli interventi di due studenti universitari che per la prima volta hanno potuto dire la loro da cittadini di Urbino. E, soprattutto, le testimonianze di eccellenze marchigiane, non solo, che hanno dato un anelito di speranza e di fattibilità ai sogni dei giovani. Hanno parlato Piergiorgio Iacobelli, che a Jesi ha realizzato il primo incubatore di imprese nelle Marche, e Carlo Renzi, che a Pesaro ha creato assieme ad un amico un’impresa di geo-marketing che aiuta le aziende a trovare clienti in Italia e all’estero. E tanti tanti altri.

Una molteplicità di interventi e spirito giovane nella grande sala, lo sguardo rivolto al 2019 prima – data della candidatura di Urbino a capitale europea della cultura – e al 2020 subito dopo. Qualcuno già pensa al 2040 per estendere la dimensione temporale e progettuale di Urbino2020 allo scopo di dare al cambiamento basi più solide e un orizzonte più lontano, più duraturo, mantenendo un occhio di attenzione al territorio circostante.

 

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