Un pesarese protagonista nel basket rosa

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9 aprile 2013

PESARO – Appuntamento alle ore 9,30 all’edicola di Roberto Terenzi, angolo tra le vie XI Febbraio e delle Contramine. E’ il cenacolo del basket, anzi dello sport, luogo d’incontro di tanti allenatori di pallacanestro. Mentre Roberto, ex giocatore della Victoria Libertas, osserva, incontriamo Mauro Procaccini e salutiamo Ricky Paolini, che allena a Firenze e passa pedalando veloce; deve tornare in Toscana.

Mauro Procaccini discute con un arbitro (Galleria fotografica della Lavezzini Parma)Mauro Procaccini discute con un arbitro (Galleria fotografica della Lavezzini Parma)

Mauro Procaccini discute con un arbitro (Galleria fotografica della Lavezzini Parma)

Anche Mauro è in partenza. Reduce dalla vittoria di Priolo, ha fatto il consueto salto a casa e si accinge a ritornare in Emilia. Soddisfatto, giustamente, perché la sua Lavezzini ha eliminato un’altra squadra storica del basket rosa, la Trogylos Priolo, pluricampione d’Italia, qualificandosi per le “final four” del campionato, che la vedranno – nella semifinale al meglio delle 5 partite – contendere alla Gesam Gas Lucca l’accesso alla finale scudetto.

“Un grandissimo risultato, soprattutto perché inaspettato. E’ il proseguimento di un cammino che nel girone di andata ci aveva portato ad accedere alle Final Four di Coppa Italia. Abbiamo chiuso la stagione regolare al terzo posto e superato i quarti di finale dei playoff, trovarci a questo punto è un sogno”.

In semifinale, però, non avrete il vantaggio del fattore campo, ma nei quarti avete chiuso il conto vincendo prima a Parma, poi a Priolo.
“No, ma credo che in cinque partite possa succedere di tutto, anche se di fronte avremo la seconda classificata che ha disputato un grande campionato e ci ha messo sempre in difficoltà. Non a caso, abbiamo sempre perso nelle tre occasioni in cui ce le siamo trovate di fronte. Spesso i playoff sono una storia a sé e noi ci proveremo”.

Come si trova a Parma?
“Benissimo! Sono alla quarta stagione. Nel nostro lavoro la cosa più importante è la continuità. Io sono arrivato alla Lavezzini a stagione in corso, ottenendo una salvezza difficilissima, anche perché ero alla prima esperienza con il basket femminile. Il secondo anno, travagliato dagli infortuni, ci siamo salvati ai playout. Dalla scorsa stagione disputiamo i playoff, prima i quarti di finale e, quest’anno, la semifinale. Una crescita importante. Era l’obiettivo che mi ero posto all’arrivo a Parma. Il mio sogno era riportare la Lavezzini nell’élite del basket femminile, un posto occupato in passato. Esserci riuscito, avendo la fortuna di lavorare in una società che mi ha sempre appoggiato, è molto gratificante”.

Procaccini ha toccato un tasto importante: con i tempi che corrono, come confermano i ritiri sia nel basket che nel volley di vertice, avere alle spalle una società seria, dirigenti capaci e corretti, è davvero una fortuna.
“Assolutamente. Lavoro con chi mantiene le promesse fatte a inizio anno e dà la possibilità di pensare solo al basket. Il mio è un lavoro impegnativo, che richiede tanta passione, voglia di andare in palestra. Il passaggio al femminile mi ha acceso la scintilla fin dal primo allenamento. Allenare queste ragazze è uno stimolo incredibile. Sono dotate di una straordinaria professionalità e disponibilissime all’impegno. E’ un mondo che mi sta arricchendo professionalmente. Sono orgoglioso di questa scelta, dopo tanti anni nel basket maschile. Credo che la doppia esperienza sia molto positiva”.

Amici allenatori, sia di basket sia di volley, dicono che guidare una squadra femminile è entusiasmante, ma allo stesso tempo difficile.
“Il mondo sportivo femminile è difficile dal punto di vista psicologico, ma per professionalità nel lavoro le donne sono superiori agli uomini. Se hai passione e voglia di andare in palestra e trovi un gruppo come quello che ho io a Parma, il tuo compito è facilitato”.

Sarebbe anche ora che questo Paese desse più spazio alle donne, a tutti i livelli, magari dalla Presidenza della Repubblica.
“D’accordissimo. In questi giorni, seguendo la politica e le difficoltà dell’Italia, noto che sono soprattutto le donne ad avere le idee più chiare. Tanti uomini si ostinano nelle loro convinzioni, ma in un Paese disastrato mi sembrano più credibili le proposte che arrivano dalle donne”.

Lo sport in generale, come il resto dell’Italia, vive un momento difficilissimo. Il basket femminile come sta?
“Altrettanto male. Sento spesso colleghi allenatori, ma anche giocatori che sono stati costretti a intraprendere altre strade, o se stanno giocando ricevono in ritardo gli emolumenti pattuiti. Mi rendo conto che non è facile trovare risorse, perché molte aziende licenziano i dipendenti o li mettono in cassa integrazione. Servirebbero maggiori agevolazioni a chi investe nello sport. In mancanza è giusto privilegiare i lavoratori”.

Riesce a seguire la Scavolini?
“In verità, un po’ di meno. L’ho seguita all’inizio, quando l’allenava Giampiero Ticchi, un amico. Le sue vicissitudini sono una normalità nell’ultimo periodo. Una piazza come Pesaro dovrebbe concedere agli allenatori maggiore continuità. La città merita una squadra che dia soddisfazioni, nel presente e in futuro. Invece, anche causa budget ridotti, non ci sono progetti ad ampio respiro e si cambiano allenatore e giocatori, con il rischio di andare in confusione”.

Venticinque anni fa, io e lei commentavamo per Antenna 3, la televisione di allora, il primo scudetto della Victoria Libertas, la squadra in cui lei è cresciuto. Che ricordi ha?
“Non nascondo che qualche giorno fa, su You Tube, ho rivisto la telecronaca di gara 4 con Milano, la vittoria del campionato. Alla fine non riuscivo neanche a parlare. Sono cresciuto nella Vuelle, ho vinto titoli giovanili, ho esordito in serie A, una parte di cuore è rimasta in questa società. E nel cassetto ho il sogno di ritornare a Pesaro, anche se so bene che per un pesarese è molto più difficile, come è accaduto, purtroppo per lui, anche a Giampiero Ticchi”.

Ettore Messina racconta che quando allenava a Bologna c’erano 8.000 vice allenatori pronti a contestarlo. Mettiamola così, a Pesaro, da sempre ci sono almeno 4.000 allenatori a farlo…
“E’ così, lo sappiamo, la piazza è questa, ma se non mancano aspetti negativi, ce ne sono anche altri, positivi. A Pesaro, nonostante tutto, si respira pallacanestro, in strada, nei luoghi di ritrovo o nelle edicole, come nel nostro caso, si parla tanto di basket. Ed è sempre un piacere”.

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