Cagli-Fatima a cavallo, tra i campeggiatori incivili

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4 maggio 2013

PESARO – Un’altra puntata del diario di viaggio, in sella e a piedi, di Raffaele Pierotti e della sua fida Oana, partiti da Cagli e diretti in Francia, Spagna e Portogallo, verso tre dei santuari più famosi dell’Occidente…

 

 

Oana attende Raffaele, pronta a partire per il viaggio quotidiano verso la Francia

Martedì mattina è spiacevole salutare Marcello e Mauro. Dopo aver condiviso un piatto di penne al ragù, finocchietti al burro, carne, formaggio al fieno (specialità della Garfagnana), formaggio al farro e un vinarello non pesante, dopo aver condiviso le storie artistiche dei cavalli di spettacolo con la mia vita del momento diventa difficile lasciare queste persone profonde.

 

Vorrei dire qualcosa di più in questa mattina frizzante ma le parole rimangono attorcigliate. Del resto a cosa servono tra noi. La catena montuosa su cui salgo presenta uno scenario sontuoso. In un lago artificiale si vedono rispecchiate montagne che inducono al silenzio e all’ammirazione. Io fischietto pian piano e Oana sopporta la mia cantilena. Vedo l’acqua arrivare leggera, investirmi con grazia. Leggo la carta sotto la pancia del cavallo, sbaglio un incrocio e un ometto sbucato dal nulla mi riconduce sulla retta via.

 

Scendo la montagna e Prota mi si presenta carina, ben tenuta, sbucata come un monile da ammirare. Il sentiero seguente e’ bellissimo. E’ il paese di elfi e gnomi? Muschio di colore verde umido, alberi dai tronchi cavi, alcuni contorti, altri agganciati dalla forza suprema di radici contorte che sembrano paralizzate in uno sforzo perenne. E’ un bosco chiuso ma la luce e’ chiara. Le pietre del sentiero sono pero’ viscide e pericolose per me e per garretti e nodelli di Oana. E’ duro venirne fuori e bisogna usare il machete per gli alberi che ostruiscono, a volte la forza delle braccia. E passa un’ora. A 50 metri da Tavernelle una grossa acacia mi sbarra la strada appena passato lo splendido torrente Teverone, in un ambiente suggestivo tra il rimbombare spumeggiante delle sue acque. E sotto l’acacia una frana. Torno indietro? Macché! Tre quarti d’ora per tagliarlo con la lama e rimuovere le pietre. E’ un passaggio difficile ugualmente, in salita ripida, fangoso, sopra un pietrone di traverso. Ma quella santa di Oana è proprio un mostro e ne veniamo fuori. Non son nemmeno le 11 e già son sfinito. Mi tocca togliere e rimettere perfino le transenne che il comune ha posto solo da un ingresso del sentiero! Mi sfogo con un bel caffè al bar e, incavolato dentro affronto altre 5 ore di cammino fino a Bagnone, in un angoletto d’erba. E’ sereno, ma durante la notte piove. Lascio Oana e cerco le case che avevo intravisto da lontano e riposo fino alle 5 sotto un balcone. Poi si torna a sellare…

 

Mercoledì Primo Maggio arranco sotto il Monte delle Ciliegie. Il Ponte della Villa è un luogo bellissimo. Il torrente si presenta in cascatelle e specchi d’acqua limpida. Se non fosse freddo farei il bagno. Non posso non raccontare, però, ciò che campeggiatori incivili hanno lasciato sul terreno. E’ la solita vecchia storia! E’ facile immaginare che tipo di esteta sono la gran massa degli italiani. A questo punto credo che sia proprio il senso della pulizia che manca loro. Ormai è una battaglia persa. Se il giorno prima il bosco era il mondo della fantasia, questo percorso si inoltra in un impero di giganti reali. Castagni che sembrano identici tra loro ma ognuno è grande, cavo e contorto a modo suo. E le casupole di pietra che incontro, piccole e dalle pietre levigate parlano con un silenzio stoico e ti osservano passare. E mi sembra che sorridano. Una a una le lascio dietro e la prima frana si attraversa benino. La seconda richiede uno sforzo maggiore per Oana a cui si allenta il ferro posteriore destro. Poi la traccia taglia le curve di livello ed esige un ascesa di circa 100 metri, un po’ alla volta.

 

La frana peggiore è lassù, divisa in tre frane minori. Fortuna che aggirando un pendio scosceso intravedo una possibilità. Ma bisogna usare il machete… La cavalla è brava, ha fiducia, con un altro cavallo, forse, non avrei potuto farlo. Le bisacce son salve. I suoi arti ancora una volta non si feriscono. Gli ultimi metri sono un canale strettissimo dove due piedi non stanno insieme. La cavalla pare volare. Forse vola. Non so, io le corro davanti per non impicciarla…Al Passo della Cella cado davanti alla madonnina, alla sua Maestà, in un misto di gratitudine e di stanchezza. Oana mi nitrisce con dolcezza. Che cosa mi voleva dire? Lo posso intuire, e mi fa piacere.

 

La discesa nell’altro versante è sassosa, il panorama intenso. Fortuna che giungo a Pontremoli senza ulteriori difficoltà verso le 16. Solo io posso sapere quanto sono stanco. Mi consolo vedendo Oana in buone condizioni. Trovo una pastura per lei eccezionale offertami a meno di un chilometro dalla cittadina, da Mauro, un austero signore molto calmo che è stato nei santuari dove son diretto. E in tanti altri della Francia e della Spagna. Rimango accampato anche il giorno dopo poiché ho necessità di fare acquisti: una carta topografica, scarponi nuovi, generi alimentari, ricariche al cellulare, rifare il filo al machete, accendere le candele in chiesa per coloro che me lo hanno gentilmente chiesto… A sera tolgo dal polpaccio una zecca con la punta del coltello incidendo appena, poi disinfetto con la lama scaldata con l’accendino. Un dolore bestia. Un’altra zecca passeggia comodamente sul mio letto. Ora nel suo aldilà ha capito che in fondo non era una buona idea.

 

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