di Redazione
16 luglio 2013
PESARO – Raffaele e Oana proseguono il Camino per Santiago de Compostela.
Bruno nasconde male la sua emozione quando lo saluto. Sentirci italiani forse un legame ritrovato. Per me è una sicurezza, la necessità di comunicare in maniera più chiara. Poi la strada richiama tutta l’attenzione mia e di Oana. Abbastanza lentamente le ondulazioni del paesaggio cominciano a biondeggiare e i paeselli rimangono carini e ospitali. Il sole diventa forte lungo la strada per Reliegos. Monto a cavallo e sento il cappello scottare, la testa ciondola come inebetita, vuota di pensieri concreti. La voce di Angela risuona trasformata, la sua risata cresce di volume, mi pare al mio fianco. Nessun pellegrino, davanti e dietro. Tutto è immoto; gradevole, ma paralizzato da un mondo che ti lascia andare per la tua via senza esserti ostile. Dal calore, dopo dodici chilometri, appare il primo bar del paese. Una birra e di nuovo via, verso il prossimo “pueblo”.
Mansilla de las Mulas non è granché. Mi accampo in un area di sosta, vicino al cimitero, ma di erba buona non ne trovo. Ceno in paese, in un locale dove la cucina, è ottima, poi provo a portare a bere Oana alla fonte del cimitero, ma la signora della casa vicina mi procura lei l’acqua. Rimango con Julia e Tomas fino a tardi. I lampi portano luce nel cielo notturno, trovo riparo in un locale del cimitero.
La mattina del 12 tutto cambia. Erba secca, una palla rosso sangue spunta alle spalle come una diabolica macchina da guerra, spinge la terra a bollire. Poca acqua per Oana. Leon è stressante per entrambi con quel pavimento scivoloso per gli arti di lei. Una sosta con Miguel Gonzales, burocrate di Leon, per parlare di Sciascia e di Fellini. La città è grande per uscire, ma poi si allontana dietro lasciandomi la testa esaurita, sfinita, dolorante. Le gambe vanno da sole, macinano metro dopo metro e la testa conosce il perché: la responsabilità di trovare qualcosa per Oana. Una birra qua e una birra là, il mio sostentamento. La ragazza che ha i cavalli fugge via quando le chiedo ospitalità per Oana. Ma in che paese sono capitato? Il sole mi fa rimbalzare questa idea per tutto il resto del giorno. Chi me lo ha fatto fare di portare qui questa piccola coraggiosa brava bestiola?
La Chiesa ammette il pellegrinaggio a piedi, a cavallo e in bici. Ma dov’è l’assistenza per i cavalli? Un box? Una tettoia? Per loro tutto viene dopo. I cavalli sono animali fragili, fanno tutto il lavoro, ma c’è poco per loro. Del resto in un paese che ama vedere un branco di tori correre lungo le vie di Pamplona per ammazzare qualcuno, che ama vedere un torero ammazzare lentamente un toro non ci si può aspettare molto. Con buona pace di chi pretende che sia solo un’opinione.
Entrambi sfiniti ci fermiamo alla fine a Villadangos del Parano: Oana in un campo d’erba secca, io in una stanza dell’albergo a cercare di rimettere a posto i miei pezzi. E questa volta son molti. Si chiama coscienza…e riguarda Oana.
Guardo Oana e mi dico che devo portarla via. Alla media che tengo in 5 o 6 giorni pretendo di farcela. La Galizia è più verde e forse una maggiore qualità del patrimonio erboso può darle un aiuto. Il tempo sta cambiando e son previsti temporali fino a martedì, con temperature che si abbassano di 10 gradi. Un bene per Oana. La giornata comincia alle 6 e quasi non mi accorgo di un nuovo cambiamento del territorio. Hospital de Orbigo è un pueblo delizioso. Eloy di Villares de Orbigo del bar Piris è l’unico spagnolo a offrirmi un caffè. Si sale lentamente di quota e mi fermo con il temporale prossimo a scoppiare. La prima persona che incontro a Santa Catalina de Somoza mi trova un recinto per Oana. C’è erba secca, ma è tutto così, e lei mostra i segni della mancanza di un buon nutrimento. Poi scoppia il temporale…
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