di Redazione
29 luglio 2013
PESARO – Non solo ostilità e automobilisti folli nel Camino portoghese. Raffaele e soprattutto Oana trovano ospitalità in una scuderia da sogno.
Una bella dormita! Era quello che ci voleva. Si può dire che il traffico intorno allo svincolo, ininterrotto tutta la notte, mi abbia aiutato a dormire bene. Come sempre ci si risveglia con un cielo molto coperto, ma senza minacciare pioggia. Oana ha fatto una bella pulizia fin dove la corda glielo permetteva, ma ha bisogno di bere e devo andare via in fretta per cercare acqua. La mia influenza va meglio, sebbene incominci a tossire. Oana cerca l’acqua e finalmente troviamo una fonte a Carvalhal. Poi incontro Cum, un vietnamita residente a Treviso, con cui ci si scambia volentieri informazioni e condivisione dei nostri Camini. Da Barcelos a Sao Pedro de Rates i chilometri da percorrere sono circa 15, ma andiamo troppo lenti. Il muso di Oana è pesante sulla longhina (la corda), il suo passo è lento, lo sguardo perde a tratti la vitalità, urina sovente, anche dopo il lavaggio consigliato dal dottor Muccini, ed è lenta nell’eseguire i comandi più elementari che sono necessari.
Il percorso non è dei migliori poiché si sviluppa in gran parte in asfalti che si contorcono continuamente dentro innumerevoli centri urbani, piccoli, puliti, ordinati. Il problema è che la gente alla guida è pericolosa. Su strade senza banchina sfrecciano velocemente senza riguardo dei limiti. Non rallentano neppure vicino alla cavalla, sfiorandola pericolosamente. Devo prestare una continua attenzione e rischiamo la sciagura quando due immensi trattori forniti di tutto ci sfiorano a tutta velocità. Gli autisti nemmeno si voltano a guardare quando riprendo il controllo dI Oana. Io la definisco “ostilità”. Poco dopo siamo sommersi da un forte acquazzone che lascia un’aria piuttosto fredda.
Arriviamo a Rates con un paio d’ore di ritardo e proseguiamo senza guardarci intorno. A Sao Miguel hanno provato a modificare le frecce con un altro colore e coprendola a volte interamente. Riusciamo a proseguire, con Oana che si addormenta dietro di me. Ho molta pazienza, cerco di trovarla, mi dico di star calmo, è utile proseguire, magari con lentezza, fino a quando non trovo le condizioni che mi serviranno.
E’ ovvio che ho già la soluzione per Oana. L’ho presa la sera che ho attraversato il Ponte Internazionale. Improvvisamente, salendo dalla conca dove sonnolenta giace Sao Miguel, vedo l’azzurro dell’Oceano Atlantico. Immagini si sovrappongono a immagini. Mi affascina il ricordo di Angela al galoppo sulla spiaggia, sul suo cavallo senza sella, spruzzati i suoi capelli di acqua grassa di sale, mi ricordo l’ansimare del bravo animale, eccitato più di noi a correre liberamente in quella sabbia ancora fredda dalle ore dell’alba. Avevo avuto paura sopra quei momenti di folle divertimento, paura che il cavallo inciampasse. Tutto questo tanto tempo prima. Quando?
Sono in un altro mondo ora, quasi alla fine di un evento per me di un importanza estrema del quale nemmeno posso comprendere essendo la mia intelligenza limitata. Per ora penso a quella spiaggia, ad alcuni ricordi, alla forza di una cavalla che ha marciato per 3700 chilometri circa, ad un Gesù che mi osserva e che mi sorride parlandomi, ad una Signora che mi attende da lungo tempo, prima ancora di partire. Ho visto la sua statua nella chiesetta di Colle San Marco, sul Monte do Gozo. Il suo sguardo è di una tenerezza compita, la sua pelle leggermente olivastra, il suo sguardo comprensivo e di attesa. Sento il bisogno di andare e io e Oana, solitari, semplici, unici, seguiamo quelle vie pietrose, antiche, dove i suoi zoccoli riprendono e ripetono il rumore interrotto dei zoccoli di asini e cavali che passarono di qua senza lasciare tracce. La città di Porto dista circa 20 km ormai, di cui almeno 10 di strada senza banchina, ma confinata dentro due alte mura: un suicidio per entrambi. Attraverso il signor Yannicke, ho chiesto ad Antonio Camacho, presidente del Turismo Equestre Portoghese, l’ausilio di un trailer per aggirare la grande città. Non avendo avuto risposta e considerando Oana bisognosa di riposo mi fermo al bar cafè C.J’S di Vilarinho. Avendo constatato un clima di cordialità, provo a chiedere un campo d’erba o uno stallaggio. Si attivano tutti immediatamente. A 20 metri dal bar c’è perfino un’ostello per i pellegrini: Casa di Laura; e di fronte allo stesso bar, al di là dell’alto muro che lo separa dalla strada principale, mi indicano la scuderia di Josè Maria. Al mio fianco compare un pellegrino: mi farà da interprete sin da subito. Parla spagnolo, italiano, francese, inglese, giapponese e la sua lingua madre, il portoghese. Compare anche Laura, una signora calma ed efficiente. Nel giro di un’ora, davanti al simpatico muso di Oana vengono aperte le porte di un regno, quello di una villa del ‘500, ombreggiata da ricchi giardini, viali in pietrini grigi e protetti da vigneti che hanno la funzione di tetto, da una scuderia austera, signorile, senza fronzoli. E’ meglio non guardare i cavalli nei box, metterebbero in evidenza il mio fallimento come uomo di cavalli e di imprenditore. Cavalli da sogno. Solo il nitrito dello stallone è un’opera d’arte. Dissello Oana nel mondo che vorrei, nella quiete di una corte portoghese, dove il cielo non è cambiato da 600 anni, carezzevole sopra il movimento di cavalli e cavalieri, brillando sulle corazze o sugli ornamenti, ascoltando le serenate notturne che cavalieri elevavano alle senhoritas innamorate, benedicendo cavalli dai mantelli dorati e dal sangue bollente dietro i duri speroni e l’arroganza di hidalgo irrequieti…
Fuori, il traffico, assordante, esasperante, privo di gentilezza. Chiuso il portone verde scuro di un regno mi incammino assieme a Pedro, l’interprete, e a Laura verso il mio futuro alloggio, lasciando Oana con una esperienza in più, in una tranquilla, assolata giornata portoghese, il 27 luglio.
Lascia una risposta