8 agosto 2013
PESARO – Un direttore d’orchestra pesarese sul podio del Rof non è una novità. Michele Mariotti ha diretto nelle edizioni precedenti. Ma – diceva Alberto Zedda, direttore artistico del Festival – che “sia il direttore del “Guillaume Tell è motivo d’orgoglio”. Diciotto anni dopo la precedente edizione, l’unica nella storia del Festival, un’opera così straordinaria è nel cartellone del Rof. A proposito, Michele Mariotti cosa faceva diciotto anni fa quando diresse Gianluigi Gelmetti?
“Ricordo che seguii tutte le prove. Ricordo benissimo tutto. E anche nello studio dell’opera mi sono ritornate in mente tutte le sensazioni provate allora. Ritrovarmi oggi a dirigere il “Guillaume Tell”, questo capolavoro, è un’emozione in più”.
Lunedì, nel corso della conferenza stampa di presentazione del Rof 2013, il maestro Zedda ha speso parole bellissime nei suoi confronti…
“Devo rispondere?”
Se vuole…
“Metta puntini puntini…”.
Ieri Anna Goryachova, oggi Michele Mariotti. Un Rof nel segno dell’understatement, del basso profilo, del “lasciamo lo dicano gli altri”.
Michele Mariotti racconta il grande impegno il giorno dopo l’ante generale.
“Sono in relax, dopo che ieri ho avuto la sensazione di essere investito da un treno…”.
Come è andata?
“Bene, molto bene”.
“Spettacolo importante, una montagna da scalare”
Le voci che filtrano dall’Adriatic Arena raccontano che state preparando un’opera bellissima.
“Sicuramente è uno spettacolo molto importante”.
Si avvicina il debutto, dopo settimane di grande impegno. Sensazioni?
“Abbiamo lavorato bene, serenamente. Siamo stati tranquilli, calmi, aiutati dal fatto che ci si conosce tutti da anni, coro e orchestra (del Teatro Comunale di Bologna; ndr) e cantanti. Ciò favorisce la sintonia, la serenità nel lavoro. Questo clima è stato determinante per un lavoro proficuo, visto che abbiamo una montagna da scalare”.
“Graham Vick motivatore e sensibile alla musica”
Lavorare con Graham Vick è…
“Molto bello. E’ un grande motivatore, uno che ti convince. E’ un regista sensibile alla musica, che è l’aspetto più importante. Vick è sensibile alle atmosfere, ai colori della musica. E’ uno dei più grandi registi d’opera viventi, assolutamente”.
Il pubblico che ha acquistato i biglietti per le quattro rappresentazioni (11-14-17-20 agosto, Adriatic Arena, ore 18) assisterà a uno spettacolo che resterà nella storia del Rof.
“Non dovremo essere noi a dirlo. Sicuramente è uno spettacolo di grande spessore e importanza. Se hai Vick non devi aspettarti i fiumi, i pascoli, le mucche, la Svizzera delle cartoline. Però c’è un elemento surreale, molto poetico, e non mancano gli elementi concreti, come la mela e la freccia. Penso che sia una lettura in sintonia con il carattere della musica di Rossini”.
“Un capolavoro dall’inizio alla fine”
Il “Guillaume Tell” ha segnato un cambiamento d’epoca.
“Ne parlavo con l’orchestra… Non è un’opera di repertorio, è una scoperta per tutti. Ci sono pagine che non sembrano di Rossini… Ripeto: è un capolavoro, dall’inizio alla fine. Unisce un’intuizione melodica al sapere creare atmosfere. E’ ciò che mi colpisce di più”.
Diciotto anni fa, il sovrintendente o il direttore artistico, non ricordo esattamente chi, ma ricordo le parole, raccontò che il “Guillaume Tell” anticipava i tempi, i temi, che sarebbero stati ripresi addirittura dai Rolling Stones.
“E’ vero…”.
Oggi a cosa potrebbe essere paragonata questa musica sublime, celestiale… Si rischia di non trovare aggettivi per descriverla.
“E’ difficile… davvero, perché è una musica legata a grandi valori e se ne fa portavoce: la dignità di un popolo, l’attaccamento alle proprie origini, alla propria terra, l’amore in tutte le sue forme. Poi ci sono i rapporti come piacciono a Rossini, interessato a tutte le dinamiche complicate e impossibili. La sua musica va in profondità. Il duetto d’amore non è “Io ti amo” “Ti amo anch’io”. “Ti penso” “Quanto mi pensi?”. C’è sempre attenzione a ciò che lo complica. E poi c’è il finale sublime. E’ una musica che ha una sua astratta concretezza, un linguaggio già diverso che ha vissuto una sorta di anticamera solo ne La donna del lago. E’ veramente qualcosa di unico. Rossini ha voluto dimostrare di essere capace di scrivere in questo modo. Poi si è ritirato, non perché stava male. Solo che non gli piaceva l’altro modo di comporre, diverso dal suo, meno descrittivo ma più veritiero. Una mossa fortissima, molto onesta intellettualmente verso se stesso. Ha lasciato al culmine della gloria”.
Emozionante per chi l’ascolta, ancor più per chi l’esegue.
“Sono assolutamente d’accordo”.
“Seguo lo sport pesarese e mi dispiace per il volley”
Michele Mariotti ha giocato a basket nel settore giovanile della VL e ancora oggi si diletta a farlo con gli amici. In questo periodo di così intenso studio e lavoro, da appassionato, è riuscito a seguire i fatti dello sport pesarese?
“Sì, seguo con passione e confesso che mi è dispiaciuto molto quel che è successo alla squadra di volley femminile. Per quanto riguarda il basket, mi rendo conto che per Scavolini non era facile proseguire dopo decenni e decenni di impegno. Mi sembra che sia un momento difficile per l’intero movimento cestistico italiano. Spero che la Nazionale di Pianigiani, che ho incontrato tempo fa in aereo, possa fare bene ai prossimi Europei”.
In compagnia di Simon Orfila, che nel “Guillaume Tell” dà voce a Walter Fürst, ha visto le ultime finali di Eurolega, a Londra, assistendo anche alla finalina tra Cska e Barcelona Regal. Lo sa che il prossimo 20-21 settembre l’Adriatic Arena ospiterà l’Euro Series 2013, un importante torneo con le due famose squadre, ma anche con Victoria Libertas Pesaro e Virtus Bologna?
“Che bello! In quel periodo sarò a Bologna, ma se potrò non mancherò di assistere al torneo”.
Tags: direttore pesarese, guillaume tell, michele mariotti, rof 2013, rossini opera festival
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