Giornata del Migrante, fortuna che c’è Papa Francesco a scuotere le coscienze!

di 

19 gennaio 2014

Papa Francesco a Lampedusa (da http://marcocamedda.blog.tiscali.it)

Papa Francesco a Lampedusa (da http://marcocamedda.blog.tiscali.it)

In tutto il mondo si celebra ogni anno, nella domenica seguente alla fine del tempo di Natale, la Giornata per il Migrante e il Rifugiato. Un evento voluto nel lontano 1914 – cento anni fa – da papa Benedetto XV per raccogliere la comunità cristiana nella preghiera di conforto ai milioni di italiani che stavano lasciando la penisola per andare a lavorare nel nord Europa o in America. Dopo un secolo, si ripropone il problema raddoppiato, ovvero tanti italiani stanno lasciando l’Italia per cercare fortuna in altri Paesi europei, in America, in Asia e in Oceania (sono 4 milioni gli italiani residenti all’estero e circa 500 i religiosi impegnati nella cura di queste particolari comunità cattoliche), e allo stesso tempo l’Italia è vista da migliaia di africani (ma anche siriani) come “terra promessa” o luogo di passaggio verso un futuro ignoto ma migliore di quello che queste persone – spesso giovanissime – stanno vivendo in patria. Nel messaggio ufficiale per questa giornata, Papa Francesco ha tracciato uno scenario socio-politico chiarissimo stimolando la comunità nazionale e internazionale a politiche volte all’attenzione e all’accoglienza di questo duplice fenomeno. Infatti l’Italia si sta configurando come un Paese nel quale gli stranieri depositano i propri desideri e aspettative, mentre gli italiani fuggono perché scoraggiati dalla crisi economica. Poniamoci una domanda: non sarebbe auspicabile vedere l’accoglienza dei migranti come occasione di lavoro per i tanti italiani che attualmente sono inoccupati, considerando l’integrazione dei nuovi italiani – ovvero gli immigrati e i rifugiati – come forza lavoro per arricchire la società facendola diventare un meltin pot multiculturale? Papa Francesco nel messaggio ha detto proprio questo: “Migranti e rifugiati non sono pedine sullo scacchiere dell’umanità. Si tratta di bambini, donne e uomini che abbandonano o sono costretti ad abbandonare le loro case per varie ragioni, che condividono lo stesso desiderio legittimo di conoscere, di avere, ma soprattutto di essere di più. È impressionante il numero di persone che migra da un continente all’altro, così come di coloro che si spostano all’interno dei propri Paesi e delle proprie aree geografiche. I flussi migratori contemporanei costituiscono il più vasto movimento di persone, se non di popoli, di tutti i tempi. In cammino con migranti e rifugiati, la Chiesa si impegna a comprendere le cause che sono alle origini delle migrazioni, ma anche a lavorare per superare gli effetti negativi e a valorizzare le ricadute positive sulle comunità di origine, di transito e di destinazione dei movimenti migratori.Purtroppo, mentre incoraggiamo lo sviluppo verso un mondo migliore, non possiamo tacere lo scandalo della povertà nelle sue varie dimensioni. Violenza, sfruttamento, discriminazione, emarginazione, approcci restrittivi alle libertà fondamentali, sia di individui che di collettività, sono alcuni dei principali elementi della povertà da superare. Molte volte proprio questi aspetti caratterizzano gli spostamenti migratori, legando migrazioni e povertà. In fuga da situazioni di miseria o di persecuzione verso migliori prospettive o per avere salva la vita, milioni di persone intraprendono il viaggio migratorio e, mentre sperano di trovare compimento alle attese, incontrano spesso diffidenza, chiusura ed esclusione e sono colpiti da altre sventure, spesso anche più gravi e che feriscono la loro dignità umana. La realtà delle migrazioni, con le dimensioni che assume nella nostra epoca della globalizzazione, chiede di essere affrontata e gestita in modo nuovo, equo ed efficace, che esige anzitutto una cooperazione internazionale e uno spirito di profonda solidarietà e compassione. E’ importante la collaborazione ai vari livelli, con l’adozione corale degli strumenti normativi che tutelino e promuovano la persona umana”. E nell’Angelus domenicale Papa Francesco è entrato nel vivo del problema esprimendo parole tanto sintetiche quanto profonde e toccanti: “Noi cristiani dobbiamo fare questo: mettere al posto della malizia l’innocenza, al posto della forza l’amore, al posto della superbia l’umiltà, al posto del prestigio il servizio. Essere discepoli significa non vivere come una cittadella assediata, ma come una città posta sul monte, aperta, accogliente, solidale. Vuol dire non assumere atteggiamenti di chiusura, ma testimoniare con la nostra vita che seguire Gesù ci rende più liberi e gioiosi”.

www.pu24.it/parla-francesco

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>