di Redazione
24 gennaio 2014
PESARO – Tutelare il patrimonio gastronomico, fortemente legato alle ricchezze paesaggistiche, ambientali, artistiche e monumentali, per ottenere ricadute positive sul territorio. È stato questo l’impegno assunto dagli autorevoli relatori che ieri, 23 gennaio, hanno partecipato al convegno “La Casciotta piace al Lupo! Riusciremo a salvarla?”, promosso dal Consorzio per la Tutela del formaggio Casciotta d’Urbino Dop, insieme all’Associazione Formaggi Italiani Dop e Igp (AFIDOP), in collaborazione con la Camera di Commercio di Pesaro e Urbino e l’Azienda Speciale Terre di Rossini e Raffaello. La tavola rotonda, alla quale hanno partecipato anche classi dell’istituto Alberghiero “Santa Marta” e dell’istituto Tecnico Agrario di Pesaro, si è aperta presentando le criticità del settore. In particolare la scarsa innovazione degli allevamenti di ovini e bovini, la bassa redditività del comparto zootecnico e la sempre più assidua presenza di lupi e ibridi randagi lungo la dorsale appenninica. Obiettivo dell’appuntamento è stato quello di avanzare proposte per risolvere queste problematiche e ampliare le potenzialità del settore, lanciando suggerimenti concreti da inserire nel Piano di sviluppo rurale (Psr) 2014-2020 che la Regione approverà nei prossimi mesi.
«La produzione della Casciotta d’Urbino, prima Dop delle Marche, ha un fatturato annuo di poco superiore a 4 milioni di euro e impiega in tutta la filiera almeno 550 persone –ha esordito Gianluigi Draghi, presidente del Consorzio Tutela Casciotta d’Urbino Dop- Opportunità economiche e occupazionali che non ci si può permettere di perdere: ecco perché è necessario metterle a disposizione dei tanti giovani che in questo settore hanno concrete possibilità per il futuro».
Sul mercato caseario nazionale le Dop annoverano la ragguardevole cifra di 30 formaggi, mentre il latte vaccino rappresenta il 50% dell’intera produzione sul mercato nazionale. «L’impegno è quello di difendere e far prosperare queste produzioni d’eccellenza –ha sostenuto Nicola Cesare Baldrighi, presidente nazionale AFIDOP- perché le Dop hanno ricadute economiche e sociali nei territori di competenza e sono un indiscutibile traino per l’indotto turistico. Creare condizioni perché ci sia un ampliamento delle capacità produttive non può prescindere dall’innovazione tecnologica: con le Dop si tende a pensare che bisogna rispettare la tradizione, ma questo non aiuta i prodotti a prosperare sul mercato bensì li ostacola. È necessario invece essere il più possibile aperti all’innovazione, perché così si può sviluppare la diffusione del prodotto, oltre a migliorare le condizioni dei lavoratori e dei processi di produzione».
Il convegno è stato anche l’occasione per dibattere sui danni causati dal proliferare della fauna selvatica, in particolare predatori come lupi, cani randagi ibridati e cinghiali, e sono stati gli stessi allevatori a mettere in evidenza «la necessità di introdurre un sistema certo e burocraticamente snello per gli indennizzi, ma che è certamente più auspicabile lavorare sulla prevenzione. E a tal fine l’unico sistema è rappresentato dal contingentamento e monitoraggio dei predatori, collegato a una revisione delle leggi di tutela delle specie che minacciano il futuro della zootecnia».
Nel dibattito che è seguito gli allevatori hanno espresso, anche con toni fermi e decisi, le tante preoccupazioni che mettono a serio rischio le produzioni. «Voler bene agli animali e rispettarli non vuol dire sottomettersi a loro –ha evidenziato Luciano Fadda, presidente della Cooperativa Agricola del Petrano-. La presenza del lupo e di altri predatori, per come è oggi (la sua presenza lungo tutta la catena appenninica è stimata intorno ai 1000 esemplari, il doppio rispetto a dieci anni fa e il triplo rispetto a venti), è insostenibile e incompatibile con gli allevamenti: per produrre serve tranquillità, gli allevatori si trovano invece ad affrontare uno stress enorme quando c’è la presenza di un predatore che distrugge il lavoro fatto, il capitale ed il futuro». Le richieste avanzate dagli operatori del comparto sono state recepite dalla Provincia, rappresentata dall’assessore all’enogastronomia e alle attività produttive Renato Claudio Minardi, e dalla Regione nella persona del Presidente del Consiglio Regionale Vittoriano Solazzi. Quest’ultimo, oltre ad illustrare i contenuti della proposta di legge (la 376) sulla “Tutela del patrimonio zootecnico soggetto a predazione” presentata poche settimane fa, si è collegato alle linee guida del nuovo PSR 2014-2020 che comprendono la costruzione e l’ammodernamento delle strutture per il contenimento degli animali, il potenziamento delle recinzioni metalliche esistenti, contributi per l’acquisto di cani da guardiania, l’assistenza tecnica e la stipula di contratti assicurativi. «Le Marche sono una Regione forte nel settore manifatturiero che ora è toccato da una crisi senza precedenti –ha sottolineato Solazzi- Quando arriverà la ripresa avranno la possibilità di rialzarsi e costruire nuova ricchezza: in questo contesto sono però necessari una diversificazione delle imprese, il miglioramento dei processi di produzione, investimenti in marketing, uno stimolo verso la ricerca e l’innovazione e non da ultimo la capacità strategica di guardare a un mercato sempre più globale, anche con i prodotti tipici».
Al termine gli allievi dell’Alberghiero Santa Marta, coordinati dai docenti Steven Del Cipolla e Claudio Rossini, hanno preparato una serie di piatti a base di Casciotta d’Urbino Dop, dimostrando la versatilità e le potenzialità che questo formaggio ha tra i fornelli.
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