di Redazione
2 febbraio 2014
Aldo Amati*
PESARO – C’è un argomento, tra quelli portati a giustificazione della incandidabilità di Luca Ceriscioli a segretario regionale del PD, che è completamente inventato e falso.
Lo statuto del PD dice che non possono essere candidati i sindaci dei Comuni capoluogo “nel corso del loro mandato”. Pare logico pensare che gli estensori della norma volessero evitare che la stessa persona svolgesse contemporaneamente due “lavori” così impegnativi e che dovesse dedicare tutte le sue energie all’incarico di segretario regionale. Perciò si è pensato che se l’incarico di sindaco è a poche settimane dal termine e non ripetibile, questa dedizione totale al compito di segretario regionale per i tre anni del mandato è garantita. Conferma veniva dal fatto che la candidatura del sindaco di Bari era stata ammessa. D’altro canto proprio coloro che si oppongono alla candidatura Ceriscioli, nel corso del congresso nazionale hanno polemizzato duramente (li ho sentiti con le mie orecchie) con Matteo Renzi per l’intenzione di ricandidarsi a sindaco di Firenze, sostenendo che non si può fare bene il segretario nazionale del PD e allo stesso tempo governare una città complessa come Firenze. Anche se qui lo statuto non dice niente.
Di fronte a queste valutazioni di buon senso su statuto e connesso caso Bari, diversi ricorrenti contro la candidatura di Luca Ceriscioli e da ultimo lo stesso segretario uscente Ucchielli hanno usato a piene mani l’argomento che l’intento dello statuto non è quello di “evitare il doppio lavoro”, ma soltanto quello di evitare che un candidato (sindaco di città importante) possa trarre dalla sua posizione “un vantaggio competitivo” verso gli altri candidati! E per questo si giustificherebbe il caso di Bari dove Emiliano è l’unico candidato e quindi è senza concorrenti da danneggiare. Questa è proprio “balla”! In nessuna piega dello statuto ci sono elementi per legittimare questa interpretazione. In nessuna parte dello statuto e del regolamento congressuale si parla di una “par condicio” delle posizioni di partenza dei concorrenti delle primarie. Anche perché una simile “norma” dovrebbe mettere in campo tantissime cose difficili da valutare: ruoli pubblici svolti nel recente passato, grado di popolarità del candidato, professioni di successo; e perché no: bellezza fisica, numero di lauree, clientele, eccetera.
E’ evidente che se per contrastare la candidatura di Ceriscioli hanno dovuto ricorrere ad un simile argomento, non ne avevano altri seri.
*Già sindaco di Pesaro
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