22 febbraio 2015
ROSSINI AMENO
Sonetti in dialetto pesarese, di Alessandro Procacci
Libera traduzione in italiano di Stefano Giampaoli
Prosegue la traduzione dei sonetti in dialetto pesarese che Alessandro Procacci ha raccolto nel libretto intitolato “Rossini Ameno”. Ecco il dodicesimo sonetto:
Sonetto XII
Un re d’chi temp l’aveva la passion
da sonè ‘l violoncell. Chissà parchè
veda a gamb larg … sa’l violoncell … un re
c’è fa rida … pensè s’fusa ‘l trombon.
(Un re di quei tempi aveva la passione / di suonare il violoncello. Chissà perché / vedere a gambe larghe … con un violoncello … un re / ci fa ridere … pensate se fosse un trombone.)
De passagg par Parigi, al Trianon
ma’l maestre Rossini el fa chiamè
e sigur da sentis complimentè
i fa senti ‘na su composizion.
(Di passaggio per Parigi al Trianon / fa chiamare il maestro Rossini / e sicuro di sentirsi complimentare / gli fa sentire una sua composizione.)
Nisciun avrìa mei dett la verità
dichiarand ch’l’era un chèn e evitè
‘na condanna par … lesa maestà.
(Nessuno avrebbe mai detto la verità / dichiarando che era un cane ed evitare/ una condanna per … lesa maestà.)
Ma Rossini i dic propri cum la stà:
Bene, el sentenzia, tanto più che un re
Mai rende conto di quello che fa.
(Ma Rossini gli dice proprio come sta: / bene, sentenzia, tanto più che un re / mai rende conto di quello che fa.)
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