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28 ottobre 2015
Sabrina Dini*
Parlo della gelosia che svuota le vene all’idea che l’essere amato penetri un corpo altrui, la gelosia che piega le gambe, toglie il sonno, distrugge il fegato, arrovella i pensieri, la gelosia che avvelena l’intelligenza con interrogativi sospetti, paure, e mortifica la dignità con indagini, lamenti, tranelli facendoti sentire derubato (Oriana Fallaci).
E’ difficile fornire una definizione precisa e scevra di difficoltà della gelosia. Etimologicamente la parola “Gelosia” deriva dal latino “zelus” e significa zelo, cura scrupolosa. Forse anche per questo ci è difficile “accettare” che sia uno stato emotivo, anche, negativo…come può farci del male chi ha attenzioni solo per noi?
E’ anche vero che, appartiene naturalmente alla dimensione esistenziale. Basti osservare che chiunque ha avuto modo di esperirla nella vita: con la nascita di una sorellina o di un fratellino, verso un genitore, verso un gruppo di pari, eccetera eccetera. Di per sé è una di quelle emozioni che appartengono culturalmente alla specie umana in quanto non è innata, ma viene appresa e sviluppata grazie alle norme e ai valori socioculturali condivisi che regolano le condotte e le interazioni umane (Michael Lewis).
Siamo per lo più monogami e tendiamo a difendere tutto ciò a cui teniamo – compreso l’amato – da chi o cosa potrebbe sottrarcelo.
Ogni persona è unica e irripetibile con la “sua” di gelosia e quindi, vi darò il punto di vista dei massimi conoscitori dell’animo umano in modo di avere una conoscenza ,maggiore, di quello che, ahimè ogni essere umano è costretto, prima o poi, a fare i conti.
La gelosia ha sempre destato l’interesse della psicologia e della psicoanalisi. Sigmund Freud in primis, in “Alcuni meccanismi nevrotici nella gelosia, paranoia e omosessualità” (1922) le ha dato una certa importanza.
Egli ha individuato tre diverse forme di gelosia: quella competitiva o normale; quella proiettata; e infine quella delirante.
La prima forma, quella competitiva o normale è caratterizzata dall’afflizione dovuta dalla convinzione di aver perduto l’amato, dalla ferita narcisistica, da sentimenti ostili verso il rivale, riconoscendo anche le proprie colpe nella perdita amorosa.
La gelosia proiettata, come il nome stesso implica, consiste nell’attribuire proprie pulsioni, o una reale infedeltà, sull’altro, cioè non accettando i propri desideri di infedeltà, non accettabili dalla nostra coscienza morale, attribuiamo al partner gli stessi desideri così da poter accettare i nostri.
La gelosia delirante è un vero e proprio disturbo psicopatologico caratterizzato dalla totale convinzione solitamente senza fondamento, dell’infedeltà del partner e quindi vengono messi in atto una serie di comportamenti atti a ricercare indizi che comprovino quanto sospettato.
Mentre la psicologia analitica di Carl Gustav Jung sosteneva che “ il nocciolo della gelosia è la mancanza d’amore” nel senso che l’amore sano si nutre in effetti più delle differenze, dello scambio e dell’autonomia personale dei due amanti che della loro totale fusionalità.
Sempre per Jung, nella psiche di ognuno sono presenti elementi psichici di segno opposto rispetto al genere biologico di appartenenza, volti a far sì che una persona possa divenire più completa. E lavorando sulla propria totalità psichica, si può essere in maniera soddisfacente in relazione con l’Altro. In sostanza, e la contemporanea presenza di un Io e un Tu che permette la strutturazione di un Noi.
Alla base della gelosia c’è, anche, la paura dell’abbandono e chiunque voglia fare i conti con la propria gelosia, inevitabilmente deve confrontarsi con il timore arcaico dell’abbandono.
Possiamo ipotizzare che il timore di essere abbandonati si attivi maggiormente nel momento in cui nella coppia ci sono delle incomprensioni, dei malintesi, aspetti e/o situazioni non andati giù. Ma di tutto ciò non si riesce a parlare, cominciano allora silenzi, rigidità, diffidenze. Per quanto il non comunicare venga messo in atto per evitare possibili conflitti e tensioni con il fine di arginare l’intima paura di essere abbandonati, paradossalmente, la fa ingigantire.
Lavorare su se stessi può depotenziare la paura di essere abbandonati, ma il coraggio di parlare, di stare in relazione, lo si può trovare anche mettendo in conto e accettando profondamente la possibilità che l’amore possa essere fonte di ferite.
Comunemente si ritiene che l’amore sia l’incontro tra due metà, in realtà è l’incontro, per così dire, tra due individui interi, che possono arrivare a eliminare l’amato per poter sopravvivere al suo” amore”.
La gelosia è uno stato emotivo da non sottovalutare ne se si vive ne se si subisce.
Freud: “Non siamo mai così privi di difese, come nel momento in cui amiamo.” Gli ha fatto eco Jung: “Il problema dell’amore è una delle grandi sofferenze dell’umanità e nessuno dovrebbe vergognarsi di pagare il suo tributo.”
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