31 luglio 2017
Parlando di gravidanza, spesso si da per scontato che questa venga portata avanti serenamente dalla donna/ coppia. L’ aborto rimane ancora oggi qualcosa di escludibile dall’esperienza umana. Con difficoltà viene pensato e spesso si configura come l’ ultimo pensiero della donna gravida che prima di prendere questa difficile decisione scandaglia tutto il ventaglio delle possibilità, i pro e i contro di una gravidanza non cercata ma capitata, un compagno non adatto, un compagno sparito, o la percezione di sentirsi inadeguate come potenziale madre.
Non nascondiamoci dietro ad un dito, lo sappiamo tutte quanto sia difficile decidere di porre fine ad una vita che si sta formando; le implicazioni etico- morali e i sensi di colpa appannano gli occhi e il cuore. Nel documentario “Stato interessante” di Alessandra Bruno e prodotto da Raffaele Brunetti per B&B film una delle donne protagoniste è propria una ragazza che ha scelto di abortire, e ad oggi, passati diversi anni, non ha ancora avuto figli. Il leit motiv della sua esistenza è “ Ma se quella vita che si stava formando dentro di me fosse stata la mia unica possibilità di essere madre?” È da qui che dobbiamo partire, dal senso di colpa e di vuoto, la solitudine di quei 90 giorni che delimitano il passo tra essere madre o essere una donna che ha abortito.
Comprendere che cosa c’è nel mezzo, nel mare magnum di emozioni che colgono la donna quando si trova a dover compiere una scelta.
La paura, la solitudine, il senso di colpa, la fatica di accedere alla pratica abortiva, confrontarsi con un sistema che fa vivere l’ aborto ancora come “un reato contro l’ integrità della stirpe”.
La legge a cui far riferimento in materia di interruzione di gravidanza è la 194. Abrogata tramite referendum nel 1978 grazie sopratutto al contributo delle femministe che hanno lottato e autodenunciato l’ aborto clandestino fino ad allora l’ unico modo per poter porre fine ad una gravidanza non desiderata.
Allora le mammane erano le uniche in grado di custodire questo segreto immorale, illegale, doloroso.
È possibile abortire volontariamente entro il 90 giorno, mentre il termine ultimo è fissato tra il 4 e 5 mese per l’ aborto terapeutico. È necessaria la maggiore età oppure il consenso dei genitori, la legge ammette delle deroghe per le minori o le donne interdette. La legge ci informa che è possibile interrompere la gravidanza quando questa rappresenta un serio pericolo psico- fisico per la donna oppure le sue condizioni socio- economiche o le condizioni in cui è avvenuto il concepimento o la presenza di malformazioni del feto rendono impossibile portare avanti la gravidanza. Le legge poi, giustamente, sottolinea che l’ aborto non è un sistema di controllo delle nascite, a me piace più dire e sottolineare che l’ aborto non è un metodo contraccettivo.
A tutt’ oggi però ci troviamo di fronte ad un sistema legislativo che non permette alla donna di accedere all’ interruzione volontaria di gravidanza in modo facile, il numero di medici obiettori di coscienza sfiora circa il 70%, e ciò significa che non è sempre facile abortire perchè scadono i termini di legge o ancora peggio alla donna non viene concesso di poter pensare a lungo alla decisione da prendere. La decisione deve essere repentina per poter accedere all’ intervento.
Questo è un grosso limite perchè non viene tutelata la donna, non viene tutelato il suo bisogno di essere accudita e compresa, non c’è compassione nei nostri ospedali per quelle donne che vogliono o devono interrompere la loro gravidanza.
L’ aborto può essere spontaneo ovvero la donna perde il prodotto del suo concepimento in modo involontario, senza fare nulla per porre fine alla sua gravidanza.
IVG, ovvero interruzione volontaria di gravidanza, attraverso l’ intervento chirurgico o tramite intervento farmacologico con la somministrazione della pillola RU486, non disponibile però in tutti gli ospedali, oppure in modo clandestino.
Si è dissonante dire che ancora oggi molte donne sono costrette ad abortire in modo clandestino. Oltre che dissonante è anche aberrante.
L’ aborto non è una scelta, decidere di abortire sembra essere per quella donna la decisione migliore da prendere in quel momento. Le donne non vogliono abortire, non vogliono aspettare un figlio. E questo mi sembra già un ottimo punto di partenza per tutelare queste donne.
Non si abortisce per caso o per capriccio, rimarrà sempre una traccia indelebile di quell’ essere non nato.
La RU486 non viene vista di buon grado dagli antiabortisti. Sembra che ingoiare una pillola piuttosto che sottoporsi ad un’ operazione chirurgica renda meno dolorosa la decisione.
Pillola o intervento sempre di aborto si tratta, sempre di fare i conti con sè stessa, con le proprie aspettative e con l’ immagine di sè, con la paura di non sapere se si è fatta o meno la scelta giusta.
Quello che sicuramente so è che voglio, e lo voglio a gran voce che ci sia il sacro santo diritto di poter decidere cosa fare della mia vita, per me, per tutte le donne e per le figlie che verranno.
La legge 194 non è una legge contro o a fovore della vita. La legge 194 dovrebbe essere una legge che sancisce il diritto alla scelta.
La donna che ha deciso di abortire probabilmente imparerà a convivere con i sensi di colpa, con il dolore di un punto interrogativo di come sarebbe stata la sua vita con quel figlio, di come sarebbe stato suo figlio?
Certo, è vero esistono donne che usano l’ aborto come contraccettivo, quelle sono l’ eccezione, non la regola.
Io vorrei che il dolore di quelle donne non diventi il terreno di scontro per delle posizioni ideologiche, vorrei che il dolore di quelle donne sia il monito e la spinta a creare in Italia una rete che coinvolga la donna ad una vera procreazione responsabile, fatta di informazione ponderata e corretta, accesso alla contraccezione e alla contraccezione d’ emergenza senza troppi tabù.
L’ aborto è una ferita nel corpo di una donna.
L’ aborto è una ferita nella psiche di una donna.
E un corpo e una psiche ferita sono un corpo e una psiche fragile di cui farsi carico.
de.Sidera, chi siamo:
L’associazione di psicologia e sessuologia “de.Sidera” vuole essere uno spazio culturale di discussione di tematiche psico-sessuologiche, un momento per riflettere sulla propria sessualità, per rendersi consapevoli che il piacere, in ogni ambito, è accessibile, basta volerlo.
L’associazione “de.Sidera” è formata da psicologhe e sessuologhe e si occupa inoltre di servizi alla persona attraverso consulenze all’individuo, alla famiglia e alla coppia e fornisce servizi di consulenze ai professionisti.
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