di Luciano Murgia
29 luglio 2022

Franco Casalini se ne è andato da solo, lasciando più soli la sua Olimpia, noi appassionati ancorati al basket a cavallo degli anni Ottanta-Novanta, quelli di oggi conquistati dalle sue improbabile telecronache, dai suoi neologismi.
Era un allenatore, anzi un “vice allenatore”, come l’avevano catalogato, ingiustamente, molti. Era soprattutto una persona piacevole, dedicata, gentile, disponibile anche con chi non era stato tenero con lui. Questione d’educazione. Franco era educato, non alzava la voce. Almeno così raccontava uno spogliatoio che pure non doveva essere da sismografo piatto. E non aveva mai replicato alle provocazioni di Valerio Bianchini, che però ha attribuito la scelta all’amica giornalista Emanuela Audisio, su Casalini RoboCop di Dan Peterson. Oggettivamente, conoscendo la passione di Valerio per il cinema, un mondo che gli forniva continue citazioni, dal famoso Platoon di Oliver Stone, siamo propensi a credere che il RoboCop fu farina del sacco di Bianchini, magari appena uscito da una sala che proiettava il film di Paul Verhoeven. Resta che la polemica fu grande. E ne trasse vantaggio la Vuelle, che strappò lo scudetto dalle maglie di Milano.
RoboCop o meno, l’Olimpia non risolse una questione più importante: come fermare Darren Daye.
Franco Casalini non lo nascose allora, non lo ha nascosto in seguito. La marcatura di Darren fu irrisolvibile, malgrado una staffetta difensiva che, zone comprese, coinvolse tutta la panchina milanese.
E pensare che tempo prima, un simile dilemma proposto alle scarpette rosse da Candido “Chicho” Sibilio, fantastico giocatore del Barça, come ha raccontato il sito web dell’Olimpia. Casalini, dopo nove stagioni da voce di Peterson, era diventato capo allenatore e il suo primo impegno la Coppa Intercontinentale.
“Eravamo gli organizzatori, venivamo dal Grande Slam, eravamo strafavoriti e dovevamo vincere”, disse Casalini ripercorrendo le tappe della sua carriera. Non proprio un atterraggio morbido. Poi il debutto contro il Barcellona. C’era Candido Sibilio, un’ala piccola fenomenale. L’Olimpia perse la prima partita, ma poi non perse più e vinse il trofeo: “Vincere quel trofeo diede a me un enorme sollievo. Onestamente, sentivo la pressione del debutto”, ebbe a dire.
Non così contro Darren Daye.
Ogni qual volta che lo incontravamo, Franco non rifiutava le interviste e ricordava, appunto, che per limitare il numero 9 in maglia pesarese le aveva provate tutte, inutilmente.
Lo raccontava con ammirazione per il giocatore, mai scendendo polemica con Bianchini.
Franco Casalini era fatto così.
Valerio l’ha salutato così nella sua pagina Facebook:
Profondo dolore per Franco. Ha portato il ruolo di assistente ai massimi livelli di professionalità, un alto esempio per le successive generazioni di allenatori.
Casalini mancherà a tutto il mondo del basket e a noi innamorati del tempo che fu.
Ciao Franco, che la terra ti sia lieve.
Articolo pubblicato in: Basket, Cronaca, Pesaro, Pesaro-Cronaca, Pesaro-Sport, Sport
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