Franceschini “vede” Pesaro come città della musica e della cultura. Ricci pensa a Napolitano come “testimonial”

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9 settembre 2015

PESARO – Dario Franceschini rimira l’Ercolino ritrovato, indossa i calzascarpe azzurri per infilarsi dentro la Domus di via dell’Abbondanza, si meraviglia davanti ai mosaici del Duomo («bellissimi», il commento all’uscita davanti all’arcivescovo Piero Coccia, ndr). Poi prende il suo smartphone e immortala la Semiramide di Giacinta Nicotra (soprano) e Roberta Pandolfi (pianoforte) dal balcone di Casa Rossini, prima della virata finale al Conservatorio. Personaggi d’eccezione, a turno, gli fanno da Cicerone: tra gli altri, il soprintendente per i Beni archeologici Mario Pagano, il segretario della Fondazione Rossini Catia Amati, il direttore del Conservatorio Ludovico Bramanti.

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Impegno. Sala ambisonica, tempietto rossiniano e sala dei marmi, nell’ordine, per il ministro. Che tirando un primo consuntivo, dopo Urbino e Pesaro, ammette pubblicamente: «Sono stato letteralmente ‘bombardato’ dalla bellezza. Ho pensato a Stendhal e alla sua sindrome». Tuttavia non si tira indietro, pronunciando parole di un certo peso politico. Eccole: «Fondatissima la candidatura al riconoscimento Unesco di città della musica. La sosterremo – dice pronunciando le parole ‘Rossini’, ‘Rof’, ‘Conservatorio’ –, insieme alle idee intorno al progetto, perché questa è la vocazione di Pesaro». Ancora: «L’operazione della fondazione unica per la cultura? Intelligente: coglie la linea portata avanti dea ministero. Unire in una fondazione tutte le tipologie di offerta culturale, facendo sinergia, si può fare tra diversi livelli della Repubblica. Ma anche all’interno di uno stesso Comune». Dice la sua: «La concorrenza sul turismo balneare, nel mondo, sarà sempre più forte. Bisogna arricchire l’offerta. E qua si può trovare arte, storia, cibo, cultura. Conosco questa terra: ho passato buona parte della mia infanzia a Gabicce Monte, sopra la Vallugola, con i miei genitori. Giusta la strategia del Comune: non abbandonare la vocazione industriale, puntando, allo stesso tempo, sulla crescita del turismo culturale, dei servizi, della valorizzazione del territorio. Il paesaggio che avete può essere un’offerta internazionale enorme». Insiste: «Investiamo sulla creatività, sulle nuove generazioni, sulla contemporaneità. Non è una scelta alternativa: solo al Conservatorio Rossini ci sono 950 ragazzi». E a margine: «Un progetto per i mosaici del Duomo? Ci lavoriamo».
Asse. Cercava la sponda, Matteo Ricci – «sono mesi che stresso il ministro per una visita da noi», rivela – e, alla fine, il sindaco commenta così: «Mai come ora c’è stato un rapporto così diretto tra il governo e la città. Con il ministero c’è grande sintonia». Su Franceschini: «Alla Cultura finalmente c’è un politico, che ha deciso di scommettere sulla bellezza come opportunità per il Paese. Anche economica. Non si era mai fatto». Ribadisce il concetto: «Noi vogliamo crescere sul turismo, sulla cultura, sui servizi, per ristrutturare la nostra economia: avere il governo al nostro fianco è determinante». Anche per questo, nota, «investiremo sulla musica. Vogliamo il riconoscimento Unesco». Poi cala l’annuncio: «L’obiettivo è trasformare in evento nazionale il 150esimo anniversario dalla morte di Rossini, nel 2018. Stiamo cercando di coinvolgere anche Giorgio Napolitano: per noi sarebbe un grandissimo testimonial. Conoscendo il suo legame con il Rof, siamo fiduciosi». Sul Conservatorio: «Abbiamo già ottenuto fondi per ristrutturare Palazzo Ricci: cercheremo di intercettarne altri per rispondere alle necessità della formazione della scuola». Nella mattinata, il ministro sigla a Urbino l’accordo di «valorizzazione e integrazione museale» con la Regione Marche e i sindaci di Pesaro, Urbino e Fano, ‘twittando’ la foto della firma su internet. E a Palazzo Mazzolari Mosca, insieme al sindaco e al vicesindaco Daniele Vimini, che lo accompagnano per tutta la visita, consegna, con pubblico elogio, attestati di benemerenza al maresciallo Carmelo Grasso del Nucleo tutela patrimonio culturale di Ancona e al cittadino Stefano Alessandrini per «elevati meriti» nel recupero del bronzo-simbolo del sesto secolo avanti Cristo, trafugato nel 1964 dal Museo Archoelogico Oliveriano.

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